Mollare tutto, cambiare drasticamente la propria vita e abbandonare la “comfort zone” alla scoperta di luoghi inesplorati, vivendo ogni giorno un’avventura diversa. È la scelta di Carlo Buonviaggio, 36enne di Campobasso – oggi trapiantato in Perù -, coordinatore e travel designer per il noto tour operator WeRoad.
Dopo gli studi al liceo scientifico di Campobasso e la laurea in Economia presso La Sapienza di Roma, Carlo inizia a muovere i suoi primi passi nel mondo del lavoro con impieghi nel settore finanziario. Una vita normale, forse fin troppo, tanto da spingerlo a prendere una decisione che lo porta a oltre 10.000 chilometri di distanza dall’Italia. «Mi sentivo schiavo del sistema – spiega -. Vedevo anche i miei coetanei lavorare e fare grandi sacrifici solo per permettersi una casa più grande o un’auto più bella. Tutte queste apparenze non facevano per me».
Da qui la decisione di compiere un viaggio alla scoperta del Sudamerica. È il 5 febbraio del 2020, pochi giorni prima dell’inizio dell’emergenza Covid. La chiusura dei confini impone a Carlo di fermarsi a Buritaca. La quarantena la trascorre in un bellissimo ostello, pari ad un hotel a 5 stelle, sulla spiaggia. «Lì ero volontario, cioè mi offrivano la possibilità di lavorare in cambio di vitto e alloggio. Una opportunità che consiglio davvero a tutti. Basta consultare siti come worldpackers e workaway», spiega.
Questa formula a Carlo piace e decide di applicarla anche per i successivi viaggi. Lavora, dunque, come barman in giro per i vari hotel in cambio di un posto in cui soggiornare. Inizia, così, il suo percorso di crescita.
«Prima di partire mi sentivo come un libro vuoto con tante pagine da scrivere. Poi il destino ha voluto che mi fermassi lì e così, nei mesi di quarantena, ho cercato un modo per poter vivere viaggiando. Avendo sempre avuto la passione per gli sport estremi e per i video amatoriali ho iniziato a seguire corsi di videomaking e a studiare meglio la lingua per collaborare con resort, ristoranti e hotel. Un giorno un caro amico, dalla Svizzera, mi ha portato un drone. Non ho perso tempo: mi sono allenato per pilotarlo al meglio e realizzare video di alta qualità».
Alla fine dell’isolamento, quando finalmente si può ricominciare a viaggiare, Carlo inizia a mandare varie proposte a hotel e ostelli vicino Buritaca. Viaggia, così, per altri due anni in Colombia e per un anno e mezzo in Ecuador, collezionando esperienze indimenticabili.
Dopo mesi e mesi fuori sede, rientra a Campobasso per trascorrere il Natale in famiglia. Qui incontra un amico che gli parla di WeRoad e gli consiglia di fare domanda. Dieci giorni prima dal suo rientro in Perù viene contattato dal tour operator per un colloquio e da lì parte ufficialmente la sua avventura.
Più in là si stabilisce a Máncora, un paese a nord del Perù dove, dopo tre anni e mezzo di ‘vita nomade’, trova – «per il momento» – il posto ideale in cui vivere.
Qui si imbatte nella casa dei suoi sogni. La prende e decide di trasformarla in un boutique hotel, “Casa Maracuyá”, tutt’ora operativo. «L’idea è nata per gioco, ma poi ho visto un grande riscontro da parte dei viaggiatori. Il tocco europeo che contraddistingue l’hotel e la colazione variegata che offro ogni giorno sono piaciuti molto ai turisti e sono riusciti a fare la differenza».
Oggi Carlo vive stabilmente in Perù. Attualmente si trova in Asia dove trascorrerà il prossimo mese tra un tour e l’altro. Ha da poco terminato un viaggio tra le meraviglie del Vietnam quando lo contattiamo…
Nomen omen: il tuo cognome è Buonviaggio… un ottimo biglietto da visita! Sarà stata una passeggiata ottenere il lavoro con un nome così! Battute (scontate) a parte, oggi questa vita la senti più “tua”?
«Non potevo fare scelta migliore. Ogni giorno è un’avventura. Conosco persone provenienti da ogni parte del mondo, vivo esperienze uniche e respiro culture e paesaggi meravigliosi. La vita che facevo prima mi stava troppo stretta».
Ci spieghi meglio in che consiste il tuo lavoro?
«Sono un coordinatore WeRoad e in ogni viaggio gestisco al massimo 15 persone. Grazie a WeRoad X sono anche travel designer, qualifica che ci dà possibilità di realizzare e coordinare viaggi con itinerari totalmente creati da noi. I gruppi che ci vengono assegnati si dividono in due fasce d’età: 25-35 anni e 35-49 anni. Non sono una guida, come molti pensano. Il mio lavoro consiste nel coordinare e gestire la parte amministrativa del viaggio, dall’accoglienza agli hotel, ai transfer fino alle attività da realizzare in loco al fine di regalare la migliore esperienza possibile a chi sceglie i nostri tour».
Se domani ti proponessero un noioso lavoro d’ufficio, con tanto di scrivania, pc, tredicesima, quattordicesima e benefit annessi, che faresti?
«Non tornerei mai alla vita di prima, nemmeno per 100.000 euro l’anno! Preferisco vivere con meno soldi ma essere felice. Non voglio più essere schiavo di un sistema che limita le nostre possibilità».
Cosa metti in valigia quando parti?
«Lo stretto necessario, ciò che potrebbe tornarmi utile sulla punta più alta di una montagna fino alla più calda delle spiagge. Non serve portare una quantità infinita di vestiti od oggetti inutili. L’importante è portare con sé la voglia di scoprire realtà nuove capaci di farci crescere a livello umano».
Sul tuo profilo da coordinatore c’è scritto che hai già visitato 32 Paesi. Qual è il posto che ti ha regalato più emozioni?
«In realtà il numero è aumentato visto che recentemente si sono aggiunte altre mete. In ogni caso non c’è un luogo in particolare. Ogni posto è un mondo a sé e regala storie, culture, atmosfere diverse e, di conseguenza, emozioni uniche».
Gestire un gruppo di persone sconosciute non deve essere sempre facile. Che tipo di rapporto si crea durante questi viaggi?
«Posso dire che diventare coordinatore mi è servito molto. Mi ha cambiato tanto come persona perché mi sta insegnando a sviluppare capacità comunicative che non credevo di avere e a rapportarmi nel modo giusto in base a chi ho di fronte. Gestire 15 persone con teste differenti non è affatto facile. È stata una bella scommessa e continua ad esserlo. In ogni viaggio si conoscono persone diverse, con esigenze differenti. È impegnativo, certo. Ma soprattutto stimolante».
Ora che sei un cittadino del mondo ti manca mai Campobasso?
«Ovviamente quando prendi decisioni così drastiche nella vita si apre un mondo davanti a te, ma ciò che ti manca davvero sono gli affetti e quindi stare a 10.000 chilometri di distanza dai propri cari e dagli amici di una vita diventa durissima. Poi, però, guardi la vita sotto un altro aspetto. E conoscere gente nuova e posti fantastici compensa questa mancanza».
Perché è importante viaggiare?
«Perché è la cosa più bella al mondo. Quello che ti regala un viaggio è indescrivibile.
Viaggiare apre la mente».
Quindi qual è il tuo consiglio?
«Non spendete i vostri soldi per le cose materiali, fatelo per viaggiare. Oltre alla famiglia e agli affetti più cari è l’unica cosa per cui valga davvero la pena vivere».
Serena Lastoria