È finalmente riuscito a riabbracciare sua moglie e il loro bimbo. Khaled El Qaisi è arrivato ieri a Roma dopo un calvario di oltre tre mesi. Il ricercatore italo palestinese, marito dalla campobassana Francesca Antinucci, è stato arrestato in aeroporto lo scorso 31 agosto dalle autorità israeliane, senza alcuna formale accusa, proprio mentre stava per rientrare in Italia dopo un periodo di ferie.
Ha subìto un mese di detenzione in Israele, il più delle volte in isolamento e senza poter parlare con il suo legale. Il 1° ottobre, in occasione della quinta udienza, il tribunale di Rishon le Tzion ha deciso la scarcerazione, ma gli è stato impedito l’espatrio, con il conseguente ritiro del passaporto perché le indagini non erano ancora chiuse. Khaled si è dunque trasferito a Betlemme, a casa di un parente che ha garantito pere lui. Poi lo scoppio della guerra e l’inferno nella Striscia di Gaza e nei territorio della Cisgiordiania. Settimane di apprensione per la famiglia e gli amici – che hanno sempre seguito la vicenda creando anche un comitato – che ieri finalmente hanno potuto riabbracciare il 29enne.
«Con grande gioia vi diamo la notizia che Khaled è rientrato in Italia – scrivono dal comitato – Con infinita tristezza, mentre riabbraccia i suoi cari, il nostro pensiero va a tutte e tutti i Palestinesi che non hanno questa fortuna.
Per questo ritorno, molto ha fatto la nostra mobilitazione. Cosa di cui non dobbiamo dimenticarci in un momento in cui la Palestina versa in condizioni gravissime fra bombardamenti che hanno ucciso quasi 20.000 persone, deportazioni a Gaza, distruzione, espropri, omicidi, arresti di massa e continui attacchi dell’esercito e dei coloni in West Bank.
Ringraziamo calorosamente chiunque si sia speso in queste difficili giornate, organizzazioni, associazioni e semplici cittadini e cittadine, che con la loro tenacia hanno contribuito a ottenere questo importante esito.
Invitiamo queste persone a non dimenticare il sentimento che le ha mosse finora, l’evidenza di una ingiustizia e violenza inaudite che non possiamo accettare».

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