Un’ondata di amore ha accompagnato il piccolo Alessandro Mignogna nel suo ultimo viaggio. Ieri mattina, nella chiesa di San Giovanni Battista, i funerali del bambino di soli 9 anni che ha perso la vita nel tragico incendio divampato nella notte tra domenica 17 e lunedì 18 dicembre nella sua abitazione in contrada Colle Calcare.
Ad accogliere il feretro, trasportato a spalla dai portatori della Madonna del Carmine di Riccia, parenti, amici, compagni di classe, autorità istituzionali, comuni cittadini, ma anche una rappresentanza dei Vigili del fuoco e della Polizia di Stato e gli immancabili scout, che hanno reso omaggio alla piccola bara bianca con il tipico saluto dei Lupetti.
Toccante l’omelia pronunciata da fra Antonio Narici che ha detto: «Oggi volevamo essere dappertutto ma non qui, non a celebrare una messa per il nostro Alessandro. Invece la chiesa e la città di Campobasso sono qui, insieme ai familiari e agli amici a condividere un dolore così grande. Il lutto cittadino proclamato dal sindaco significa proprio questo, che la scomparsa del nostro amato fratello ci coinvolge tutti, perché quella tragedia investe tutta la città.
Ogni bambino – ha aggiunto – è patrimonio sacro dell’intera umanità. Appartiene a tutte le persone. Per questo, oggi, l’intera Campobasso piange. Sono convinto che il dolore estremo, il più lacerante che possa colpire un essere umano, è la sofferenza dei genitori che vedono morire un figlio. È un dolore che non può essere detto, perché le parole non sono in grado di contenerlo ed esprimerlo. Forse le due espressioni che meglio riescono a rappresentarlo sono il grido e il silenzio. Tuttavia, questo dolore che non può essere raccontato non ha bisogno di essere spiegato. Perché ogni mamma, in qualunque parte del mondo, lo capisce proprio perché è mamma. Così come ogni papà lo capta pienamente nei sentimenti propri di un padre. Di fronte alla disgrazia che ha devastato la loro esistenza, penso che nell’anima della mamma e del papà del piccolo Alessandro, abbia fatto irruzione una lancinante domanda: “Perché è capitato a lui? Avremmo preferito un migliaio di volte che fosse accaduto a noi”. Qualunque genitore sarebbe disposto a dare la vita in cambio di quella del proprio figlio. E subito scattano anche altri interrogativi: “Perché Dio, che è amore, ha permesso questa sciagura? Perché non l’ha impedita?”. La liturgia che stiamo celebrando proclama la Pasqua di Gesù. Colui che ha assunto il dolore dell’umanità con la morte e l’ha vinta spalancando per noi le porte della resurrezione. La morte viene sbaragliata e nella Pasqua subisce uno scacco matto: viene per uccidere e invece suscita vita.
Strappa dal tempo una relazione d’amore e finisce per renderla eterna. La morte, infatti, non ha il potere di spezzare l’amore, bensì lo potenzia. Il sigillo identitario dell’amore infatti è il “per sempre”.
Il rapporto non è interrotto, anzi. La relazione è ancora più intensa di prima. L’anima di un bambino sale in alto come un petalo di fiore, come attirata da un vortice di amore. Alle porte del Paradiso, Alessandro è stato accolto da Maria perché è madre e il cuore di una madre è lo spazio privilegiato in cui ogni bambino cerca e trova la sua dimora.
Lei lo ha accompagnato da Gesù che gli è andato incontro e lo ha subito abbracciato con infinita tenerezza, come faceva quando avvicinava i bambini sulle strade della Palestina.
La vita vera è in Dio, in quell’amore che ci è stato rivelato da Gesù Cristo. E da quell’amore non ci separiamo mai».
Infine, avviandosi alla conclusione, il parroco ha aggiunto: «Carissimo Alessandro, ora che sei su in cielo con tanti cari amici, abbiamo bisogno di chiederti dei favori. Vogliamo affidarti delle buone azioni che di certo tu, da bravo Lupetto, manterrai: vogliamo affidarti il tuo fratellino Antonio, prenditi cura di lui. Chiedi al Signore la grazia che superi questo brutto momento della sua vita. Sorridi sempre con il tuo faccione – perché non sorridevi solo con la bocca ma anche con gli occhi – a Miriam Pia. Sii il suo angelo custode. Non c’è bisogno che ti raccomandiamo mamma e papà. Siamo certi che appena arrivato in paradiso avrai preso Dio per mano e avrai chiesto di consolare i tuoi genitori. Proprio loro che ti hanno venerato e si sono spesi fino in fondo, oggi hanno tanto bisogno di te. Tu che abiti nella casa di Dio e gli fai compagnia dal cielo, donaci la grazia di essere anche noi amici del Signore Gesù.
Infine permettimi una citazione non cattolica – ha aggiunto -. In Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Albus Silente dice ad Harry: “La felicità può essere trovata anche nei tempi più bui, se ci si ricorda solo di accendere la luce”. Aiutaci ad accendere la luce caro Alessandro, perché non riusciamo a trovare l’interruttore in questi giorni. Gesù bambino, che domani adageremo in questa mangiatoia dove oggi simbolicamente sei adagiato tu, ci aiuti a dare un senso a questo momento.
Tu che nel tuo nome porti già il desiderio di vita eterna, perché Alessandro significa difensore che presta soccorso agli uomini, difendici dalla disperazione. Soccorrici in questo momento di tristezza. Buona caccia piccolino».
Nel corso della cerimonia gli scout del gruppo Agesci hanno poi intonato la canzone dei Lupetti. Commovente la lettera di un compagno di classe che ha detto: «Eri arrivato da poco ma ti abbiamo voluto subito bene. Ci facevi divertire quando parlavi in dialetto! Non ti dimenticheremo mai!».
Una volta terminata la cerimonia l’uscita del feretro è stata accompagnata da uno scrosciante applauso seguito da fuochi d’artificio e il volo di palloncini bianchi e celesti nell’immenso cielo azzurro che oggi conta un angelo in più.
sl