Il Sindaco Paola Felice in questi giorni troverà sulla scrivania la lettera aperta firmata da Nicola Felice nel ruolo di presidente del “Comitato per la Memoria della Bonifica dei campi minati”. Lettera con la quale si intende sottolineare la pecca di scarsa visibilità che sul gonfalone cittadino viene riservata alla Medaglia di Bronzo al Merito Civile conferita nel 1995 alla Città di Campobasso dallo Stato Italiano con l’intento di onorare la memoria di coloro che caddero nell’adempimento del compito di ricerca e smaltimento dei residuati bellici, negli anni del primo dopoguerra.
Quella puntualizzata da Nicola Felice può sembrare una rimostranza di poco conto, se vogliamo un’inezia. Chi è che fa caso alle medaglie, a quante esse sono, e cosa rappresentano su uno stendardo che testimonia la partecipazione della città ad una cerimonia? Pensiero magari che può essere formulato dalla gente comune che ormai non bada più troppo ai simboli ma che non può albergare nella mente di caoloro che indossano gli abiti di teste pensanti dell’amministrazione pubblica. La storia, quella di un territorio o di una località, la si può scrivere e raccontare anche attraverso i simboli. E, quella medaglia di bronzo che per colpa di un nastrino non adatto e non ben posizionato tende a cadere nella parte posteriore del gonfalone e rimanere inutilmente pendente finisce con essere esonerata dall’esprimere l’importante significato storico che rappresenta con il rischio che si cancelli la memoria di una pagina eroica e dolorosissima della nostra storia. Del resto oltre al trascorrere del tempo basta poco per cancellare, correggere, negare o addirittura mistificare un episodio che ha avuto un suo ruolo nella storia collettiva. E di qualche settimana fa l’approdo nelle librerie, non solo molisane, dell’ultimo saggio dello storico contemporaneista Massimiliano Marzillo che a tale proposito scrive: «Va da sé che, quando si affrontano temi delicati, il linguaggio assume una connotazione assai rilevante e, così, un avverbio, un sostantivo, una interiezione o un monosillabo possono essere adoperati, volutamente o per imperizia, per accentuare o amplificare oltremodo un fatto poco significativo».
Il Marzillo docet vale per le parole ma ancor più per i simboli e quella medaglia di bronzo nel rendere onore e merito agli uomini che nel pomeriggio del 21 giugno del 1946 perirono per l’improvvisa esplosione di decine di mine improvvidamente conservate all’interno dell’edificio del Tiro a Segno, nei pressi della collina di San Giovannello, esprime sentimenti di imperitura riconoscenza oltre a raccontare un lutto dolorosissimo e uno degli ultimi tributi di sangue e lacrime che la popolazione civile ha pagato per una guerra inutile. Furono in 18 a morire terribilmente dilaniati da quell’esplosione e, quella medaglia, la prima che è stata conferita alla Città di Campobasso accomuna la strage di allora ad un tributo di pietà e gratitudine collettiva dovuta alle centinaia di persone, uomini: giovani e attempati, che, per necessità di sopravvivenza, scelsero di svolgere un lavoro pericolosissimo e ingrato liberando il territorio italiano da ogni sorta di ordigni rimasti inesplosi consentendo così la rinascita di ogni attività lavorativa.
Nicola Felice chiede al Sindaco di provvedere a far collocare la Medaglia di Bronzo sul lato sinistro del gonfalone, rispettando la cronologia del conferimento, al centro quella conferita dal Ministro della Difesa per onorare la memoria dei tre fratelli Pistilli Sipio e la medaglia dell’Ordine Costantiniano di San Giorgio sul lato destro.
V.T.