Le condizioni dei detenuti nelle carceri molisane sotto la lente dell’associazione ‘Nessuno tocchi Caino’ che, nei giorni scorsi, ha toccato con mano la vita dietro i cancelli di via Cavour. Insieme all’associazione anche gli avvocati campobassani che, dopo la visita nell’istituto penitenziario di Campobasso, hanno evidenziato le tante carenze riscontrate, una su tutte quella legata al sovraffollamento.
In Italia – ha spiegato il segretario dell’associazione Sergio D’Elia – il sovraffollamento della popolazione detenuta in generale va dal 120 e al 125%. A Campobasso siamo al 180%. Stamattina abbiamo trovato 143 detenuti. Gli spazi regolamentari dovrebbero essere 106, solo che c’è il piano di una sezione chiusa per ristrutturazione.
Di conseguenza abbiamo 143 detenuti su 86 posti disponibili. In qualsiasi altra struttura civile, fosse anche un albergo, saremmo in ‘overbooking’. Se le stanze sono quelle non possono essere occupate da più persone rispetto a quanto quella stanza prevede. Questo non avviene nel nostro paese. Siamo fuori non solo dalla legge italiana e dal regolamento penitenziario italiano ma anche dalle norme europee che sul sovraffollamento hanno già condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti con la sentenza Torreggiani 2013. Eravamo 62mila allora, adesso ci stiamo avvicinando ad un ritmo di 150 detenuti in più ogni mese per raggiungere quel livello. La Corte europea ha detto: “In Italia basta trattare i detenuti- e io aggiungo i detenenti, come diceva Pannella, ovvero gli operatori penitenziari – in modo inumano e degradante”. Per quanto riguarda la pianta organica del personale di polizia penitenziaria è tarata sulla capienza regolamentare. Oggi non solo abbiamo una pianta organica sottodimensionata rispetto alla realtà del sovraffollamento ma ne mancano ancora molti. Su 112 che dovrebbero esserci ce ne sono un’ottantina di effettivi, il ché significa che un poliziotto penitenziario invece di fare le sue ore di turno ne fa altre quattro in più ed è costretto a farle come lavoro straordinario. In qualsiasi altra azienda dovrebbe essere volontario, invece qui è obbligatorio e non ci si può rifiutare».
Non solo carenza di agenti, ma anche l’assistenza sanitaria all’interno delle carceri non è sempre garantita. Per questo l’avvocato Mariano Prencipe, presidente della Camera penale di Campobasso, ha lanciato un preciso appello: «Il primo è rivolto alla Regione e all’assessorato al Lavoro, è necessario attivarsi affinché in carcere venga data l’opportunità ai detenuti di partecipare a corsi di formazione, il secondo aspetto è il limitato impegno da parte della Asrem in termini economici che determina una carenza di personale sanitario, solo due medici per tre istituti penitenziari. Abbiamo anche verificato con piacere che c’è un’attenzione da parte degli operatori ma purtroppo abbiamo una direttrice che, nonostante la grande professionalità, è costretta a dividersi tra Isernia e Campobasso. Crediamo sia opportuno che il carcere del capoluogo abbia un direttore stabile».
«Lo scopo riabilitativo della pena di fatto è inattuato – ha infine denunciato il presidente dell’ordine degli avvocati di Campobasso, Giuseppe De Rubertis – dovremmo rifarci prima di tutto all’articolo 2 della Costituzione che non fa eccezione per i detenuti ai quali va garantita la dignità più degli altri. La politica, se vuole affrontare il problema, deve investire su questo settore».