«Nessuno dei nostri si venderà per 30 denari, quindi dobbiamo solo decidere quando staccare la spina. Far andare avanti a lungo un’amministrazione con un sindaco che non ha la maggioranza sarebbe accanimento terapeutico».
Francesco Roberti apprende della sconfitta rimediata al ballottaggio di Campobasso mentre è a Roma, impegnato in una riunione col ministro della Salute Schillaci. La città capoluogo della Regione che lui guida da un anno ha detto no al completamento della filiera istituzionale che insieme al centrodestra da dieci giorni il governatore proponeva.
«Prendiamo atto che Campobasso ha scelto Forte e non De Benedittis. Noi abbiamo la maggioranza, quindi la città perderà tanto tempo. La situazione è ingovernabile», il commento che il capo di via Genova rilascia a Primo Piano mentre sta rientrando dalla Capitale.
Il candidato sindaco, Aldo De Benedittis, è stato scelto dal presidente. E nelle sue prime dichiarazioni a caldo infatti ai cronisti ancora una volta dice: parlerò col presidente della Regione e decideremo il da farsi. Roberti ci ha messo la faccia, non si può dire il contrario. Per gli avversari voleva colonizzare il capoluogo. Un termolese poi… Ma non è il momento giusto per ironizzare con l’ex sindaco di Termoli. Comunque sia, adesso viene spontaneo chiedergli se non pensa di aver sbagliato qualcosa, nelle scelte e nella strategia. «La Forte è stata brava nel catalizzare i voti che al primo turno. Per il resto Campobasso non ha capito il messaggio. Forse c’era bisogno di qualche altro giorno, forse siamo arrivati in ritardo sulla scelta del candidato. Comunque non ha vinto il centrosinistra perché Forte è in minoranza. Come approveranno il bilancio? Come eleggeranno il presidente del Consiglio?», ribatte il governatore. Che individua una distorsione anche nelle pieghe di una legge elettorale che consente il disgiunto. E l’anatra zoppa.
Quindi, è solo questione di tempo per staccare la spina? «Incontreremo subito i candidati con De Benedittis per capire quando ridare a Campobasso un governo cittadino che abbia tutti i numeri. Potremmo divertirci per cinque anni, sa? Eleggere noi il presidente del Consiglio, quelli delle commissioni, di fatto dire al sindaco cosa fare. Ma la città non lo merita».
Pentito proprio di nulla? Neanche della frase dal palco sul Gaypride? «Guardi, come ho già spiegato in una nota, io ho tirato in ballo quelli del Pd che vestiti da pagliacci vanno in giro a insultare gli altri. Insulti a Meloni, a Gasparri e potrei fare altri esempi. Poi loro hanno strumentalizzato e fatto rispondere all’Arcigay. Ma io non mi pento assolutamente di niente».
r.i.