Anche Campobasso celebra oggi la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita ufficialmente dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1999.
Una ricorrenza, quella del 25 novembre, che punta a rappresentare un momento di riflessione globale sulla necessità di contrastare ogni forma di violenza di genere, un fenomeno purtroppo ancora molto diffuso.
La violenza, infatti, può assumere ogni giorno diverse forme: fisica, psicologica, economica, sessuale e culturale, spesso radicata in stereotipi e disuguaglianze di genere profondamente integrate nella società.
Questa giornata non è solo un’occasione per denunciare, ma anche per sensibilizzare, educare e mobilitare la comunità, le istituzioni e i governi a lavorare insieme per costruire una società più equa, in cui ogni donna possa vivere libera dalla paura e dalla discriminazione.
Tra le istituzioni simbolo del contrasto alla violenza di genere sul territorio ci sono anche l’associazione e il centro antiviolenza Liberaluna, guidati dalla responsabile Maria Grazia La Selva, insignita nel 2018 della nomina di Cavaliere della Repubblica. Insieme a lei, Primo Piano Molise ripercorre le tappe e le attività dell’associazione che ad oggi ha contribuito in modo fattivo ad aiutare centinaia di donne vittime di questo grave fenomeno.
Dottoressa La Selva, quali sono le principali attività e servizi offerti dal vostro centro?
«Le attività sono di gestione dell’ets Liberaluna che gestisce il centro antiviolenza Liberaluna e sono di prevenzione e sensibilizzazione attraverso eventi formativi rivolti ai vari Ordini professionali territoriali e alla cittadinanza attraverso incontri di confronto e informazione sulle varie forme di violenza e su come intervenire.
Il cav invece si occupa direttamente dell’accoglienza delle donne vittime di violenza che chiedono aiuto e lo fa attraverso un’equipe multidisciplinare offrendo supporto legale, psicosociale e di tutela. Tutti i servizi offerti sono gratuiti e l’organizzazione rispecchia quanto sancito dalla Conferenza Stato regioni».
Quali sono i segnali più comuni che indicano una situazione di violenza domestica o di genere?
«I segnali più comuni sono: la gelosia, la denigrazione, l’isolamento fino ad arrivare al primo schiaffo, calcio o pugno. La violenza è un’escalation di comportamenti».
Avete riscontrato un aumento dei casi di violenza negli ultimi anni? Se sì, a cosa attribuisce questa crescita?
«Sta aumentando la consapevolezza delle donne, pertanto aumentano le richieste di aiuto».
Qual è il ruolo delle istituzioni nella lotta alla violenza di genere e come si può migliorare questa collaborazione?
«A volte dipende dalle persone che rappresentano le Istituzioni e purtroppo capita spesso che non si pongano le reali domande che dovrebbero porsi e che non abbiano risposte sia per gli Enti che si occupano di prevenire e contrastare la violenza sia per le donne vittime di violenza. Altro aspetto molto delicato è l’applicazione delle normative vigenti da parte della magistratura».
Cosa manca, secondo lei, nel sistema di supporto alle vittime in Italia e, nello specifico, in Molise?
«Troppe persone parlano di violenza senza conoscere tutti gli aspetti della stessa e senza capirne le radici. In Molise, nel pratico manca la realizzazione delle Linee guida sanitarie nazionali emanate nel 2017 che prevedono una serie di azioni importanti previste dal percorso rosa. Inoltre manca la capacità di alcuni Organi preposti a intervenire e confrontarsi con gli Enti di riferimento, accogliendo le richieste del territorio. Un esempio è la Commissione di pari opportunità della Regione Molise che è un organo consultivo della Regione ma che nonostante si sia insediato da circa un anno, ancora non fa un’analisi del contesto con i cav territoriali. In merito all’Italia, credo che la certezza della pena per chi commette reati nei confronti delle donne sia ormai una frase e che nei fatti non trova applicazione. Potrei continuare elencando esperienze di donne che non si sono sentite ascoltate, accolte e credute dagli operatori che sono preposti a questo».
Cosa vorrebbe dire alle donne che soffrono in silenzio e non trovano il coraggio di chiedere aiuto?
«Il cav Liberaluna, che nasce da donne che accolgono donne, è un luogo dove si trovano risposte alle richieste di aiuto e dove le donne vengono accompagnate in tutte le loro scelte, sostenute e protette. Chiedere aiuto non significa svegliarsi una mattina e dire “sono stanca di questa vita, ora vado a denunciare”, ma significa farsi sostenere anche nella denuncia, comprendere come poter avere giustizia, in quanto nelle aule di Tribunale ciò che contano sono le prove e spesso solo dopo la morte delle vittime emergono prove concrete dei maltrattamenti subiti per anni».
In che modo i cittadini possono sostenere il vostro centro e contribuire alla lotta contro la violenza?
«Sicuramente seguendo tutte le attività che proponiamo, entrando nel vivo di quello che è il lavoro del cav e dell’associazione».
C’è un messaggio particolare che vorrebbe lanciare in occasione di questa giornata?
«Guardiamoci dentro e cerchiamo la parte peggiore di noi per parlarci e per metterla a tacere perché molte persone, senza rendersene conto, ogni giorno della loro vita infliggono sofferenza mancando di rispetto a qualcuno, denigrandolo o insultandolo. Cerchiamo di prendere il meglio di noi per metterlo a disposizione di chi abbiamo di fronte, perché anche i bambini, gli adolescenti osservano gli adulti e in questo momento storico sono proprio gli adulti a non dare un buon esempio. Educare alla non violenza significa porci verso l’altro guardandolo con rispetto. E se qualcuno si rivolge a noi con rabbia o con voce alta fuggiamo, perché quella è già violenza. Non alimentiamo e non diamo spazio a quelli che sono i comportamenti violenti».
sl