Un ‘Posto occupato’ per fermare il femminicidio. Una piaga terribile che non risparmia nemmeno il Molise dove spesso l’omertà e la paura di uscire allo scoperto travisano i numeri di una casistica che “poco si distanzia dal dato nazionale”. Che cosa si può fare? Una soluzione l’hanno trovata le consigliere di Palazzo San Giorgio che senza distinzioni di partiti e colori politici hanno lanciato “Posto occupato”, una campagna di sensibilizzazione e d’informazione sul femminicidio. Un’iniziativa nata a Rometta, comune siciliano, a fine giugno del 2013 da un progetto di Maria Andaloro editore della rivista on line “La grande Testata”. La sua è stata una sorta di drammatica provocazione: nell’anfiteatro del comune in provincia di Messina ha occupato un paio di posti con delle borse, delle scarpe, posti lasciati liberi per quelle donne uccise e che invece avrebbero potuto partecipare allo spettacolo. Un pugno allo stomaco. Un’assenza pesante come un macigno che ha fatto discutere e che ha riacceso i riflettori su un dramma da fermare. Subito. Ben presto la campagna di sensibilizzazione ha fatto il giro del Paese. Quelle scarpe rosse e quella macchia di sangue non hanno bisogno di troppi commenti. Urlano per quelle donne che non ci sono più. “Un grande progetto – spiega la consigliera Adriana Izzi – che abbiamo voluto adottare con tutte le nostre forze e che porteremo avanti senza fermarci: prima in Consiglio Comunale e poi nelle scuole, nelle istituzioni, nei centri commerciali, sui mezzi pubblici, negli studi professionali, negli ospedali, ovunque si possa occupare un posto che una donna, uccisa, ha lasciato libero. Un’iniziativa che in futuro servirà anche a tutelare i figli delle vittime, che spesso hanno i papà in carcere, e che si trasformano a loro volta in piccole vittime. La nostra vuole essere una forma di pubblicità-memoria, pubblicità-stimolo, una pubblicità evocativa. Non vogliamo ricordare le vittime del femminicidio in una giornata particolare, ma in ogni momento attraverso la cultura della non violenza, una cultura che deve essere inclusiva e pervasiva. Solo attraverso una campagna battente, e con la vicinanza, ci si rafforza. Il Molise ha l’opportunità di diventare un grande laboratorio, una regione in cui estendere il nostro lavoro ad ogni forma di violenza”.