C’è un video che scorre sul pannello: voci di donne che dal Molise che dicono basta al femminicidio, basta ad ogni forma di violenza. E poi c’è una frase che più di ogni altra resta impressa nella memoria: gli uomini veri non picchiano. Bisognerebbe ripeterlo milioni di volte, come fosse un mantra forte come una legge della natura. In realtà una legge contro la violenza sulle donne esiste, ma forse non basta per fermare la lunga scia di sangue che da Nord a Sud tinge di morte l’Italia. Non basta una normativa per bloccare il femminicidio. È sulla cultura che bisogna fare perno, occorre cambiare il modo di pensare, di agire, di proporsi. E l’appello arriva dalle donne: dalle donne agli uomini ma anche dalle donne alle stesse donne perché se davvero si vuole invertire la rotta non si può più perdere tempo, non si può solo parlare, snocciolare dati o peggio piangersi addosso. Il coordinamento L’Ascolto del Comune di Campobasso vuole interrompere la ferocia che stringe le donne in una morsa di abusi e soprusi. Perché violenza non significa solo uccidere. Violenza è anche una mancata considerazione, uno schiaffo, una parola fuori posto un atteggiamento di superiorità. Violento è anche chi scansa una donna per paura della sua bravura, della sua bellezza, delle sue capacità. E lo sanno bene le consigliere Adriana Izzi, Marilina Niro e Marialaura Cancellario che ieri in Comune hanno permesso, attraverso le loro ospiti, di trattare la piaga a 360 gradi. Sono state loro le prime in Molise a promuovere la campagna ‘Posto Occupato’, un posto virtuale su cui avrebbe potuto sedersi una donna che non c’è più, che è stata strappata alla vita dalla crudeltà di un uomo. Una vittima di cui non resta traccia se non un paio di scarpe rosse, come il sangue di chi se n’è andato nel silenzio, rosse come il sangue di chi non ha voce.?Rosse come la speranza che quell’assassinio aggiunto sulla lista nera serva a scuotere le coscienze. A fermare il dramma. “Il femminicidio – dice Adriana Izzi in apertura dell’appuntamento a Palazzo San Giorgio – si combatte con le leggi ma anche con una maggiore informazione, serve prima di tutto una modifica nei rapporti culturali: la violenza non funziona contro la violenza, serve altro. Ma stavolta non voglio parlare di rete, bensì della necessità di alzare una barriera di cemento”. All’incontro anche il sindaco Di Bartolomeo: “questa forma di violenza è atavica, ma oggi sta venendo fuori grazie all’impegno e al coraggio di tante donne che hanno trovato il coraggio di ribellarsi. Ma il problema principale è che troppo spesso la violenza si consuma tra le mura domestiche e allora, forse, più che una legge per stoppare la brutalità maschile servirebbe una normativa sulla famiglia. Dobbiamo far tornare la primavera delle famiglie. È questa una soluzione”. Una sciarpa, una collana purpurea, una rosa sul petto o semplicemente un paio di scarpe, rosse naturalmente, un tripudio di simboli nell’aula Consiliare. Il colpo d’occhio è forte.

“Mai più donne come Amina – ricorda la consigliera regionale Angela Fusco Perrella – condannata alla lapidazione ma che ha vinto la sua battaglia legale. È da lei, dal suo coraggio che dobbiamo ripartire, perché per affrontare e sconfiggere questa strage bisogna abbattere i limiti mentali”. E di limiti ma stavolta nella “mancata parità tra uomini e donne” ha parlato l’altra consigliera regionale, Nunzia Lattanzio che si è ritagliata uno spazio nella sua famiglia d’origine “ero l’unica femmina con tre fratelli maschi” e che oggi cerca di seguire la stessa strada in politica, uno dei settori più maschilisti. Toccante la testimonianza del vertice dell’ufficio scolastico regionale Giuliana Petta che ha raccontato dell’importanza di insegnare alle piccole menti a diventare menti critiche, degli sforzi che i docenti fanno per mettere sulla retta via i ragazzi che spesso nei loro compiti descrivono casi di violenza “Il primo passo verso la denuncia”.

Non posso non ricordare Stefania Cancelliere – interviene Filomena Calenda assessore alla Provincia di Isernia e consigliere comunale di Isernia – assassinata a Legnano dal marito. Qualche giorno fa ho sentito il fratello, Livio, e mi ha detto che quella di Stefania era una morte annunciata, Stefania voleva fare un testamento, voleva che i figli fossero affidati alla famiglia d’origine. La sua bellezza faceva paura al marito che l’ha uccisa con 80 colpi di mattarello”. Drammatici i dati snocciolati da Leontina Lanciano di Promozione donna: “Vale la pena ricordare il delitto d’onore, non così remoto, e che il 48% delle donne subisce violenza, il 30% dai fidanzati e il 23 dagli ex. Per usare una frase estrapolata dal libro di Serena Dandini dico che abbiamo dei mostri accanto a noi”. Concreto accorato, di pancia, l’intervento di Cristina Niro giornalista di Teleregione Molise: “Denunciare non è facile, c’è la paura di farlo ma soprattutto, e in modo più marcato al Sud, è la famiglia che frena le vittime a raccontare l’accaduto. Sono i padri e le madri a far restare nell’ombra le donne che hanno subito violenze, è la famiglia che spinge a sopportare, a non far caso ad uno schiaffo perché i figli e il marito vengono prima di tutto. Il buon nome no va intaccato. Uno schiaffone – conclude la Niro – va denunciato, non credo al pentimento di un uomo”, perché gli uomini veri non picchiano.

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