Incondizionata la nostra solidarietà civile a Mariano Prencipe, professionista di grande competenza e di pregevole spessore, la cui esperienza recente si carica di valenza emblematica e suscita riflessioni definitive – purtroppo! – su quanto la invocata chiamata in causa della “società civile” agli appuntamenti elettorali vada ad infrangersi contro gli scogli appuntiti delle tensioni fratricide che attraversano partiti e coalizioni.
La sobria ed ineccepibilmente corretta dichiarazione di questo prestigioso avvocato ed esemplare cittadino, che avrebbe potuto rappresentare una svolta positiva nella situazione locale, è, nella sua essenzialità, più pesante di un macigno e diviene più corrosiva dei tanti fiumi di parole che, da tempo, molti di noi hanno speso per denunciare – quasi senza esiti, ohimé! – una situazione politica locale che definiremmo grottesca, se non producesse effetti letali sul nostro quotidiano e sul non futuro di questa terra infelice.
In balia, sempre più, di faide intestine, veti incrociati, tensioni interne, che mal dissimulano intenti rapaci, in nulla rapportabili al pur tanto conclamato “bene comune” e neanche ad un minimo di logica utilitaristica, in senso collettivo e non beceramente individuale. Ed è qui il caso di ricordare la pervasività diffusa di questa piaga, perché… “se Atene piange, Sparta non ride”; il che configura uno scenario terribilmente devastante.
La lettura complessiva della vicenda, non infarcita di arzigogoli declinati in politichese, è più semplice di quanto appaia. L’incipit trova abbrivio nella consueta spregiudicatezza politica, al tutto trasversale, spesa nella tentata strumentalizzazione della gente perbene; modalità ovviamente unificante, nonostante le differenze, perché volta, in un certo senso, a ridare verginità anche ai più incalliti navigatori di mari oscuri e melmosi. Lo sviluppo è di banale ovvietà: se il nome convince la gente e rischia di passare, rompendo, di fatto, giochi criptati, allora si erge barriera deterrente, attraverso il ricorso ad antichi distinguo di comodo, atti a ripristinare articolazioni e sofismi interni, ignoti ai più, perché governati da ristrette oligarchie, che, in lingua volgare, meglio si definiscono – anche se spiace – emanazioni della inveterata “casta”. Determinata, pur di sopravvivere, a porre in essere giochi pesanti, nonostante la generale situazione ne suggerirebbe di più soft e raffinati, se non altro per salvare le apparenze! Ma il gusto, ed ancor più la tracotanza del potere offusca anche cervelli capaci di sviluppare ragionamenti efficaci. Di là scelte grossières, che hanno il sapore di offesa alla intelligenza della cittadinanza, per di più in una congiuntura difficile e complessa in cui si auspicherebbe un deciso e palese cambiamento di metodo. Eppoi ci si domanda perché, con proporzione geometrica, lieviti l’astensionismo. Eppoi ci si domanda perché qualche “maniaco” inveterato continui a tentare, in barba ai partiti, soluzioni civiche finalizzate a spezzare il cerchio perverso, pur tra mille difficoltà oggettive.
Prendiamoli, questi tentativi, come estremi sussulti di una democrazia fiaccata, alla cui ricomposizione abbiamo tutti – individualmente considerati – l’imperativo etico di concorrere, per lasciarne, quanto meno, traccia ai nostri figli. Figli, peraltro, mortificati oltre misura da prospettive infauste; fisiologiche in una terra destinata a morire, anche, e forse soprattutto, a causa di gruppi di potere e – sostengono i maligni – di comitati di affari troppo distanti dai problemi reali che affliggono la quotidianità della gente.
In quest’ottica, ci permettiamo di suggerire ai nostri concittadini di maturare nelle coscienze uno scatto d’orgoglio, dando luogo a risposte civiche capaci di garantire alla città una buona amministrazione. Fondata, al di là ed al di sopra di uno scenario politicamente confuso e fortemente mistificante, sulla seria condivisione di obiettivi concreti e sostenibili che muovano nel segno del bene comune, senza arenarsi nelle secche di ipocrisie consunte, inciuci obsoleti, strategie improbabili.
Ciascuno di noi è titolare del diritto-dovere di disfare al più presto questo menomante ed opprimente groviglio, evitando di rilasciare deleghe in bianco, di fare “spallucce”, o di rifugiarsi dietro la patetica illusione che le cose cambieranno anche senza il nostro diretto intervento. Al contrario, deve questo essere il tempo della massima partecipazione democratica, della consapevole assunzione di responsabilità civica, dell’attivazione di un giudizio critico che, senza infingimenti di comodo, ci faccia valutare il dichiarato e l’agito dei nostri rappresentanti e ci riporti ad una gestione corretta, trasparente, efficace ed equanime della cosa pubblica, in nome e per conto della città e dei suoi abitanti.

Adriana Izzi

 

 

 

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