Tutto rimandato all’11 febbraio. Ieri mattina si sarebbe dovuta tenere l’udienza preliminare a carico delle 14 persone coinvolte nell’operazione ‘Pensa’, il blitz condotto congiuntamente da Polizia e Carabinieri a marzo dello scorso anno su disposizione della Procura di Campobasso.
In via Elena i legali degli imputati hanno sollevato numerose eccezioni – dalla competenza territoriale per un indagato di Lucera, alla mancata notifica di conclusione delle indagine – e il gup Veronica D’Agnone ha aggiornato l’udienza all’11 febbraio.
Anche gli avvocati dei principali indiziati, Michele Di Bartolomeo, alias Pensa (da cui ha preso il nome l’operazione) e Andrea Maselli, hanno sollevato delle eccezioni in merito all’utilizzo di una parte delle intercettazioni ritenute «inusuali e non conformi al codice».
Fiducioso il legale di Michele Di Bartolomeo, Silvio Tolesino: «Abbiamo scelto il rito ordinario e sono convinto che in fase dibattimentale – ha commentato – riusciremo a chiarire ogni aspetto, sviscerando per bene l’impianto accusatorio che io ritengo troppo gravoso per il mio assistito».
Sul 25enne campobassano pendono infatti diverse accuse, non solo lo spaccio di droga, ma anche rapina, lesioni aggravate e minacce.
L’indagine della Squadra Mobile ha preso il via il 22 agosto 2018 dopo la rapina a mano armata compiuta in piazza Cesare Battisti ai danni di una coppia di fidanzati appena usciti da un locale. I ladri col volto coperto da un passamontagna, aggredirono il ragazzo con calci e pugni e, una volta trascinato fuori dall’auto, gli sfilarono dal polso un orologio Rolex. I rapinatori cercarono anche di impossessarsi della macchina: tentativo fallito grazie all’intervento della fidanzata che gettò le chiavi dell’auto tra le altre macchine parcheggiate. Non una ‘semplice’ rapina per gli inquirenti che avviarono immediatamente le indagini per vederci chiaro. E infatti chiusero subito il cerchio su Michele Di Bartolomeo, già noto per spaccio, e reati contro la persona e il patrimonio.
Il giovane, già sottoposto a sorveglianza speciale con divieto di uscire di casa dalle 20.00 alle 07.00 e di accompagnarsi con pregiudicati, sistematicamente violava la misura per gestire i suoi traffici di droga. Ad aiutarlo nella sua ‘attività’ anche i genitori separati, anche loro iscritti nel registro degli indagati. La madre lo accompagnava in auto nei rifornimenti e nella vendita di droga. Il padre, invece, lo aiutava a nascondere le ingenti somme di denaro di provenienza illecita, invogliandolo addirittura a presentare domanda per ottenere il reddito di cittadinanza, come è emerso dalla intercettazioni.
In pochi mesi il 25enne ha messo ha segno due rapine picchiando le vittime, ha pianificato almeno altre tre rapine, ha spacciato droga quotidianamente guadagnando anche fino a due/tremila euro al giorno, ipotizzando come riciclare il denaro provento dell’attività illecita. Non solo: ha addirittura pensato di comprare una pistola da usare contro un poliziotto. Secondo l’accusa il giovane è anche responsabile di minacce e intimidazioni ai danni di agenti: ad uno ha rubato uno scooter, ad un altro ha incendiato la macchina.
L’attività investigativa, svolta attraverso appostamenti e intercettazioni telefoniche, ha ricostruito il giro di spaccio di droga: il rifornimento avveniva a Foggia e a Lucera, poi la cocaina veniva smerciata nelle piazze di Campobasso. Per altro uno dei fornitori pugliesi della sostanza stupefacente, oggetto di ordinanza restrittiva ai domiciliari, è già stato arrestato nel corso dell’operazione Drug Market della settimana scorsa. Nell’attività di spaccio scattavano vere e proprie minacce ed estorsioni ai danno dei clienti che tardavano a saldare i debiti.
Altro tassello del puzzle – fondamentale per ‘incastrare’ i ragazzi della banda- è l’indagine condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di Campobasso, dopo la rapina nella casa di una cittadina brasiliana, avvenuta il 23 gennaio 2019, per la quale sono stati denunciati 4 degli indagati.
Durante le indagini i militari hanno inoltre raccolto elementi su un’altra rapina commessa sempre ai danni della donna brasiliana, con le stesse modalità e sempre dagli stessi autori nel luglio 2016. Ma a fornire l’elemento ‘schiacciante’ è stato proprio Andrea Maselli, che qualche giorno dopo la rapina si è presentato con il suo avvocato nelle caserma di via Mazzini. Lì ha fatto i nomi dei suoi complici autori della rapina, tentando al contempo di scagionarsi da ogni responsabilità. Ma la confessione era solo un tentativo maldestro di inquinare le prove. Alla fine le indagini hanno smascherato la banda e portato alla luce l’attività criminale che ha creato un clima di terrore in città.

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