Fare del proprio talento non solo una professione ma uno stile di vita: è il percorso intrapreso anni fa da Giuseppe Cannizzo, imprenditore 36enne e titolare del Drop bar in via Isernia, nel centro storico di Campobasso.
Giuseppe non nasce in Molise. È originario della Puglia ma si trasferisce qui con la famiglia all’età di 6 anni. Ma Molise, per lui, vuol dire “casa” e l’amore per la sua terra lo ha portato sempre con sé in giro per il mondo.
«Mi sento al 100% molisano e ho parlato di Campobasso in tutte le 9 lingue che conosco!» spiega.
«Ho iniziato ad appassionarmi fin da piccolo a questo mondo. Ricordo che mio nonno, quando avevo circa 7 anni, mi regalò il primo set da cocktail e così iniziai a collezionarli e ad innamorarmi di questo lavoro. Il primo impiego l’ho svolto in un semplicissimo bar. Successivamente in me è scattata la voglia di fare nuove esperienze per scoprire e conoscere non solo le ricette dei drink ma anche la cultura, la filosofia e la storia che si cela dietro ogni cocktail».
Inizia così la sua lunga esperienza fuori regione: mentre i suoi coetanei si godevano le vacanze in riva al mare, lui si “faceva le ossa” dietro il bancone con le classiche ‘stagioni’ in giro per l’Italia. Poi la decisione di varcare i confini nazionali.
«La mia primissima esperienza all’estero è stata a Londra. Lì la grande fortuna era quella di avere clienti già ‘formati’, che magari bevevano da anni lo stesso cocktail, quindi non c’era bisogno di spiegare ogni volta dalla a alla z quello che stavo servendo. Ho imparato molto durante quell’esperienza, ma già da lì la voglia di tornare era tanta».
Dopo Londra realizza nuovi progetti lavorativi in Nord America, Sud America, Asia per poi tornare in Italia alla volta delle grandi mete turistiche come Tropea, Capri e Venezia. Da lì inizia poi a prendere forma l’idea di aprire un’ attività e così inaugura il primo Drop bar a Treviso.
«Anche lì non ero felice. Ero tornato in Italia, sì, ma tra Treviso e Campobasso avrei preferito mille volte essere qui. Mi mancava la realtà molisana, quell’approccio “differente” con i clienti che a molti sembrerà normale e scontato ma vi assicuro che in altre realtà può essere completamente diverso».
Decide così di concedere il marchio Drop a nuovi gestori, e realizza una consulenza a Venezia (dove tutt’ora esiste il “Drop Venice”) ma nonostante tutto non riesce a sentirsi ancora nel suo elemento: «Volevo tornare in Molise, così ho fatto le valigie e sono ripartito alla volta di Campobasso».
Probabilmente un azzardo, una scelta audace, di questi tempi, aprire un’attività simile in Molise. Ma Giuseppe non la pensa così: «Dico solo che tutto il mondo è paese, cioè i problemi e gli ostacoli che si trovano in altre realtà sono gli stessi che ho trovato anche qui.
Ma sinceramente se dovevo vivere e lavorare a Treviso quando avrei potuto fare la stessa cosa a Campobasso, ho preferito tornare a casa. In tanti mi chiedono perché ho deciso di tornare o se un bar come questo non sia ‘troppo’ per la nostra città. Ma credo onestamente che se tutti noi continuiamo a dire che qui non si farà mai niente allora di sicuro non si riuscirà a creare nulla di buono per questa terra».
Rientrato finalmente in “Patria”, Giuseppe crea un nuovo concept «che rappresenta un viaggio nei ricordi del bere miscelato».
Il Drop, infatti, offre attualmente una vasta gamma di cocktail che hanno fatto la “storia”, in particolare quelli legati al periodo del Proibizionismo. Epoca che si riflette anche negli elementi di arredo del locale: all’ingresso, infatti c’è un antico armadio a specchio che si trasforma in un passaggio ‘segreto’ che conduce al piano inferiore, oggi adibito a magazzino perché «la destinazione d’uso del locale inferiore purtroppo è quella».
Sorseggiare un drink al Drop significa dunque compiere un viaggio nel tempo, dall’Egitto all’antica Roma riproponendo e ricontestualizzando i drink in chiave moderna: «Ogni drink mi deve parlare di qualcosa, deve trasportarmi in un’altra realtà. Una realtà in cui sto bene, sono felice e respiro quel tipo di aria».
Da qui la geniale idea di coniugare i prodotti a km 0 del Molise – accuratamente selezionati dallo stesso barman durante i suoi ‘tour enogastronomici’ in regione – ai sofisticati drink proposti all’interno del suo locale.
Come, ad esempio, la “cunzerva molisana” , un ‘lontano parente’ del bloody mary, che vede come ingrediente principale sua Maestà, la salsa molisana.
«Mi rifornisco esclusivamente da distributori locali – spiega – e se trovo i pomodori gialli, preferisco utilizzare quelli.
È una ricetta che nasce dal ‘nonno’ del boody mary, il “red snapper”, solo che al posto della vodka come ingrediente alcolico utilizzo il mio gin.
Al drink aggiungo inoltre zucca e tartufo mentre, al posto della salsa worcestershire, utilizzo una riduzione di Tintilia molisana aromatizzata al rosmarino».
Un’altra ‘chicca’ del locale, per gli amanti dei sapori forti e decisi, è “il cambuasciano a Manhattan”.
«Il drink tecnicamente è un Manhattan – spiega Giuseppe – oltre agli american whiskey, metà bourbon e metà rye whiskey, aggiungo un ingrediente speciale: la pancetta, o meglio, la “pettrina” molisana, utilizzando la procedura del fat washing».
Tra le proposte più originali anche il “black fish Martini” un mix di vodka e nero di seppia. Per completare il drink utilizzo come guarnizione una fettina di trota salmonata essiccata».
Infine un cocktail ispirato all’arte, nello specifico a “La corde sensible” di Magritte. Nel famoso dipinto dell’artista si vede un paesaggio verde circondato dalle montagne. In primo piano una coppa di cristallo sulla quale si poggia in prospettiva una soffice nuvola.
Ebbene, nella versione “Drop”, la nuvola viene riprodotta utilizzando dello zucchero filato abilmente adagiato su una coppa Martini.
«Quei prati verdi del quadro mi hanno sempre ricordato il Molise – spiega -. Nel drink utilizzo il gin Drop mentre per la base sour, al posto del succo di limone, utilizzo dell’acido citrico in modo da far sentire il sapore del limone ma non il profumo, e del liquore all’arancia. La nuvola di Magritte la ‘sostituisco’ con una nuvola di zucchero filato aromatizzato al cardamomo che, una volta servita, va sciolta all’interno del drink».
Oggi Giuseppe punta ad accostare sempre più il suo prodotto, il Drop gin, al concetto di “I love Molise”.
«Essendo stato all’estero per tanti anni – aggiunge – mi sono ripromesso di visitare i luoghi più belli del Molise. Ce ne sono tanti anche se molte volte non vengono pubblicizzati. Così, ogni lunedì, con gli amici abbiamo deciso di visitare i parchi naturalistici, i sentieri e gli agriturismi di cui il Molise è ricco. Nelle ultime settimane, ad esempio, siamo stati a Campitello di Sepino, Roccamandolfi e alle cascate di Carpinone. In questo caso provo sempre i prodotti caratteristici di quella zona per trovare ‘ispirazione’ per i miei cocktail. È un processo in continua evoluzione».
Il drop Gin, ricordiamo, è una ricetta creata ad hoc da Giuseppe insieme ai titolari di una distilleria di Montenero di Bisaccia. Anche le bottiglie del gin vengono materialmente realizzate da una vetreria molisana.
«L’idea è proprio quella di essere sempre più presenti e unici, un po’ come siamo noi molisani – spiega – cerco di riproporre quei concetti di accoglienza, convivialità e condivisione tipici della nostra regione attraverso il mio gin, l’offerta dei cocktail e lo stile del mio locale”.
Ma, nonostante i prodotti tipicamente molisani, nel locale si respira un’aria decisamente internazionale: «La poltrona su cui sei seduta viene da New Orleans, il divano di velluto da Parigi, mentre quello che vedi in alto è un grammofono originale de “La voce del padrone”, la prima azienda che ha prodotto grammofoni nel mondo. Quando il cliente entra deve sentirsi come in un aeroporto internazionale. Meglio ancora – aggiunge – come nel bar di un tipico albergo anni ‘20».
Passione, qualità, professionalità e amore per la propria terra: è questo dunque il vero ‘cocktail’ vincente del Drop.
Un messaggio che traspare anche dallo sguardo trasognante di Giuseppe ogni volta che si parla del suo Molise.
«Amo il mio lavoro e amo la mia terra. So che la clientela non sempre preferisce questo tipo di offerta rispetto a quella classica alla quale si è abituati. Ma invito tutti a preferire sempre la qualità. Distinguiamoci scegliendo sempre prodotti di un certo livello. Cerchiamo di non accontentarci, basta ricercare ‘sballi facili’ o fare battaglie di prezzo.
A volte è meglio bere un drink in meno sapendo di aver optato per un drink di qualità. Cerchiamo di dare fiducia a posti dove accoglienza e qualità rappresentino la priorità. D’altronde l’accezione classica del termine ‘barman’ significa proprio questo: “professionista dell’accoglienza”. Il bar deve essere un posto dove ci si sente a casa e dove si scelgono prodotti unici. Come quelli molisani».
sl