Da tempo, ormai, invecchiando, ho smesso di ricordare – se non nel cuore – personaggi che se ne vanno. Ognuno ha portato con sé un momento della mia vita. Sono sentimenti molto semplici, naturali, comuni a tutti: la nostalgia per quei giorni vissuti insieme.
Ho avuto il dono di essere stato un carissimo amico di Domenico Fratianni che, giusto un anno fa, su un letto di ospedale di Matera, ha chiuso per sempre gli occhi. Facendomi sprofondare nel dolore più profondo, a cui si è unito il rimpianto di una città, della stessa nostra regione, che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare prima l’uomo e poi l’arte di un personaggio nato 81 anni prima a Montagano, il paesello dove spira dispettosa la “voria”, in cui ci siamo conosciuti nel campetto di calcio dietro l’ammasso che gli abitanti del posto chiamavano la massa, lui portiere e io con i calzettoni abbassati a metterlo in difficoltà, con il mio sinistro che aveva la pretesa di rispecchiarsi in quello di Omar Sivori.
Che tempi. Ogni tanto, sento ridere di questa affermazione senile. Lui, Domenico, più che girarsi a guardare ciò che gli era capitato il giorno prima, preferì con la curiosità che gli fu firma, affacciarsi al domani. Fu così anche quando, con effervescenza, preparò la mostra di Matera, la sua ultima mostra. Che finì ancor prima che lui, per chiosare la tanto attesa serata, prendesse la parola.
Non mi è dato di sapere se i figli Annalisa e Gerardo, tra i numerosi fogli lasciati dal papà, assieme a oli, acquerelli e incisioni abbiano trovato una virtuale sceneggiatura della sua morte. Io che l’ho conosciuto bene, sono convinto, che se l’avesse scritta l’avrebbe immaginata proprio come è avvenuta.
UN ANNO DOPO
Ci vorrebbe un intero giornale per commentare, a un anno dalla sua morte, la vita intensa e gioiosa di Fratianni, che la vulgata preferì chiamare “il maestro”, a cominciare dal suo inseparabile e semplice amico, il riccioluto Ludovico, dalla folta chioma candida. Mi atterrò agli spazi assegnatimi. Provando a sunteggiare i passaggi salienti dell’amico scomparso che, nell’infinito dell’arte, è stato un acuto e ardente interprete, sino al piacere inebriante di naufragarvi dentro. Come nella vita, che egli ha sempre amato e azzannato con impeto, sino ad annullarsi in una delirante estasi.
Domenico, benchè cittadino del mondo, come conferma il suo lungo palmares, è stato molto orgoglioso di riportare su tela o sui fogli dell’incisione la sua Iliade provinciale, con l’arguzia morale che questo genere di viaggio comporta.
La meraviglia è stato l’oggetto della sua ricerca. Lo stupore, una conquista. “La certezza è una chiusura della mente -sosteneva- per creare qualcosa di nuovo devi avere dei dubbi”. Ecco, allora la sua pignolesca puntualità anche quando c’era da andare allo stadio o mettersi in poltrona, per seguire una partita del “suo”Milan.
Fratianni ci ha lasciato immagini urlanti, puro equilibrio tra arte e società. Una sua antologica nella sala della Casa della Cultura in via Gorizia è stata portentosa: le pareti, illuminate dai suoi oli davano la sensazione di voler parlare.
Proprio stanotte ho pensato a che cosa gli sarebbe saltato in mente per descrivere i personaggi illustri e meschini cooptati da questa peste, non ancora compresa da tutti. Avrebbe certamente pianto per la dipartita di Tonino Bussone e, frenate le lacrime, lo avrebbe rappresentato, a modo suo, con gli occhialini, l’enorme giaccone bianco con cappuccio, la borsetta attaccata alla mano destra e la faccia semplice di uomo buono.
Quanti ricordi, che notti quelle notti nella mia tavernetta, e le belle vacanze insieme, non solo a Ischia, ma anche all’estero. Le fragorose risate di Paolino Oriunno, le affettuose conversazioni con Emilio Di Ricco, le “vasche” per il Corso, altro che promenade.
E ORA SI PREPARI L’EVENTO
Domenico amava la sua terra, generosamente. Come certifica la sua ostinata appartenenza. Voglio sperare che tanto amore gli sia ricambiato, non solo a parole. Il virus ha creato troppi ostacoli, ma appena la tempesta sarà definitivamente finita, credo che sia il caso che il Palazzo lo ricordi con un premio, una imponente mostra, o, che ne so, creando un punto di saldatura tra lui e Antonio Pettinicchi, per un evento artistico senza precedenti.

Gennaro Ventresca

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