Finire al centro di una polemica in parte alimentata dallo stesso gruppo politico al quale si appartiene rende tutto più facile per gli avversari e tutto più difficile per i colleghi e per il sottoscritto.
Ne sono consapevole, così come consapevolmente devo ammettere di essere stato affrettato forse perché concentrato su questioni più urgenti.
La richiesta del contributo pietra dello scandalo l’ho fatta nonostante fossi molto combattuto e alla fine mi sono determinato nel richiederlo commettendo un errore di opportunità.
Sia chiaro: la richiesta non ha sottratto nulla a nessuno, poiché il contributo è stato concesso dalla Cassa di appartenenza del mio ordine professionale ed erogato a tutti – e sottolineo tutti – gli aventi diritto ovvero coloro che si trovassero nelle condizioni reddituali per poterlo richiedere. In quel momento, mi sembrava di mettere a disposizione di chi aveva più difficoltà, un mio diritto.
E veniamo al punto: che siano stati destinati in beneficenza non avrei mai voluto dichiararlo, perché concordo con quanti dicono che gli atti di liberalità si fanno nel silenzio ma ad una precisa domanda non posso non dire la verità, anche quella più riservata.
Il mio errore è frutto di un gesto compiuto senza considerare come oggi, con il ruolo che rivesto con grande onore e orgoglio, ogni scelta anche personale richieda un’attenzione ineccepibile, nel rispetto, innanzitutto, di chi rappresento.
Attendo quindi ogni decisione che il Movimento vorrà assumere, consapevole comunque di aver agito in buona fede e avendoci messo subito la faccia, perché non ho mai voluto nascondermi dietro un dito, come molti oggi fanno, dimenticando tanto, troppo della loro storia personale e politica.
Ho commesso una leggerezza della quale mi scuso e a chi ha sempre creduto in me dico semplicemente che non mi risparmierò fino al termine del mio mandato, perché tutto voglio fuorché deluderli e se alcuni di loro lo sono dopo questa vicenda, spero di riconquistare presto la loro fiducia. E non perché ne faccia una questione di candidatura ma di semplice dignità personale.
Roberto Gravina