Era un sabato sera dall’aria già mite quando Domenico perse la vita nell’azienda dove lavorava. Un anno e mezzo dopo quel tragico 13 giugno del 2020, la Procura di Isernia ha chiuso le indagini e, come spiega l’avvocato Quirino Mescia legale della famiglia D’Amico, ha chiesto il rinvio a giudizio per alcuni responsabili della società Serioplast Spa e dello stabilimento di Pozzilli. Erano le 20, quasi, quando terminò l’esistenza del 22enne. Ucciso da un pallettizzatore, un dispositivo robotico utilizzato per impilare e organizzare prodotti (scatole, bottiglie, pacchi, sacchi, balle) su un pallet.
«La famiglia D’Amico – spiega l’avvocato Quirino Mescia – che in questo lasso di tempo ha preferito rimanere in silenzio, evitando anche di commentare le dichiarazioni inopportune e le voci di quanti, nell’immediatezza dei fatti, in modo a dir poco discutibile, avevano addirittura ipotizzato una responsabilità del ragazzo nel verificarsi dell’incidente, non può che prendere atto di questo primo ed importante passo nell’affermazione della verità dei fatti e nel rendere giustizia ad un ragazzo vittima del lavoro.
La richiesta di rinvio a giudizio – argomenta ancora il legale – inizia a fare chiarezza e sgombra il campo da equivoci ed insinuazione sulla condotta di Domenico e sulle responsabilità di quel drammatico incidente, chiarendo che il povero Domenico non ha posto in essere alcun comportamento imprudente o azzardato, non è stato responsabile dell’incidente, ma ha pagato con la propria vita colpe non sue, carenze formative, guasti nel funzionamento dei macchinari e dei sistemi di sicurezza.
Confidando, come ha sempre fatto sin dal primo giorno, nel lavoro della magistratura, la Famiglia D’Amico nel ringraziare la Procura di Isernia per il lavoro svolto, è certa che il Tribunale saprà valutare con serenità fatti e responsabilità di quel tragico 13 giugno 2020, onorando la memoria ed il sacrificio del compianto Domenico. Perché la morte di Domenico possa almeno servire da stimolo a prestare maggiore attenzione alla sicurezza sui luoghi di lavoro ed al rispetto delle specifiche normative, perché nessuna famiglia debba più piangere un figlio uscito per andare a lavorare e mai più tornato a casa».
Domenico aveva solo 22 anni: nato a Montebelluna, in provincia di Treviso, da sempre a Bojano dove il suo ricordo è sempre presente e vivo. Quella sera, nell’imminenza del tragico incidente, i soccorsi si rivelarono vani. Troppo gravi le ferite.