Ha messo insieme i pezzi di una vita, Irma Forte. Ha raccolto il coraggio, fatto ordine nei mille pensieri che ormai la inseguono, la tormentano. E ha raccontato quella notte terribile.
La notte in cui ha ucciso il marito, il 72enne Carlo Giancola. Il padre dei suoi figli.
E il suo è il racconto di un’esistenza difficile, affrontata in silenzio e nonostante tutto. Per tenere unita la famiglia. Quella che lei avverte ormai di aver distrutto.
Irma ha 66 anni, è una donna esile, profondamente religiosa. Gracile, minuta, così come ieri si è presentata davanti al gip Micaela Sapio per l’interrogatorio di garanzia.
Nel silenzio della sua casa, in via XXV Settembre a Santa Maria del Molise, ha trascorso più di 40 anni accanto all’uomo che, nella notte tra il 23 e il 24 dicembre, ha ucciso. E ieri ha tratteggiato, in una dichiarazione ritenuta coerente, quella esistenza. Affatto facile.
Accusata di omicidio volontario per la morte del marito, Irma Forte solo qualche ora prima non aveva trovato le forze per rispondere al pm Gaeta nel corso dell’interrogatorio fissato per la mattina del 26 dicembre. Uno stato di forte confusione, constatato dai suoi legali, gli avvocati Giuseppe De Rubertis e Demetrio Rivellino, che l’ha accompagnata fin dai minuti successivi al delitto, consumato – anche se l’autopsia che si terrà nelle prossime ore di certo chiarirà orari ed eventi, modalità e cause del decesso – presumibilmente nella notte che precede la vigilia di Natale.
I rapporti fra moglie e marito sembra non fossero idilliaci.
Un uomo, la vittima, dal fisico possente e dal carattere forte, a tratti autoritario. E i litigi non erano rari, in quella casetta dove i due vivevano ormai da soli visto che i figli della coppia da tempo hanno altre vite e famiglie.
Una donna che avrebbe sopportato per anni, Irma Forte. Per il bene dei figli, per quella famiglia da tenere unita a tutti i costi e, probabilmente, con la speranza che le cose un giorno potessero cambiare. Ma i recenti ricoveri del marito, rimasto ferito per un incidente stradale, la convalescenza trascorsa in parte a casa, le limitazioni nella deambulazione che sembra lo affliggessero ancora e che potrebbero essere anche la causa di ulteriori tensioni, le difficoltà di un rapporto complicato da sempre potrebbero essere stati la nuova miccia, potrebbero aver accelerato l’epilogo di una vicenda che di certo sembra nascere su fondamenta molto fragili. Quelle di un rapporto difficile, dove non sarebbero mancati anche episodi di violenza domestica. Psicologica e fisica. Mai denunciati ma, sembrerebbe, esposti ieri mattina nel corso dell’interrogatorio.
A fatica, Irma Forte avrebbe tratteggiato i 40 anni trascorsi accanto a suo marito, l’uomo che lei ha ucciso. Omicidio di cui si è assunta la responsabilità.
Sarebbero emerse, nel corso dell’interrogatorio davanti al gip, le fragilità dell’uomo che, a quanto è stato possibile apprendere, avrebbe dovuto incontrare a breve anche alcuni medici specialisti per affrontare un percorso sanitario adeguato ai mostri con i quali combatteva da anni.
Quei mostri che alimentavano le discussioni, le tensioni, i litigi. Che provocavano paura e timori, che facevano esplodere la rabbia.
Una situazione complicata, forse giunta all’esasperazione.
È notte, Irma è già andata a letto. Il marito è rimasto ancora in cucina. Sembrerebbe che i due avessero trascorso giorni parecchio agitati, con litigi continui e discussioni. E sembrerebbe che lo stesso copione si sia ripetuto nelle ore immediatamente precedenti al delitto.
Irma avrebbe raccontato ieri di aver chiamato il marito, per convincerlo ad andare a dormire. Lui, però, stando alle indiscrezioni trapelate, avrebbe preso dal camino un pezzo di legna da ardere, lo avrebbe brandito contro la donna che, temendo per la propria vita, sarebbe riuscita a toglierglielo dalle mani. E poi, probabilmente per difendersi, lo avrebbe colpito con forza.
Con quella forza che probabilmente neanche immaginava di avere. Forse l’adrenalina della paura, del pericolo che si avverte imminente e vicino.
Forse temeva per la propria vita, Irma. Una donna gracile, minuta. Una persona mite, tanto religiosa, dedita alla famiglia e succube di un uomo autoritario.
Minuti interminabili nei quali quella forza che non immaginava di avere sarebbe venuta fuori tutta insieme.
Di colpo, nella casa di via XXV Settembre scende il silenzio. Irma è sotto choc, non realizza quanto accaduto nell’immediatezza del fatto. Chiamerà il nipote, per dirgli di avvisare i figli. E quando i Carabinieri di Macchiagodena raggiungono l’abitazione, lei alternerà momenti di silenzio a grida disumane, il pianto alla confusione.
Una vita insieme lunga 40 anni. Complicata, difficile, spesso insopportabile ma Irma non si sarebbe mai ribellata. Non avrebbe mai voluto dare questo dolore ai figli, ai quali va il suo pensiero.
Ma loro, a quanto si è appreso, non avrebbero alcuna intenzione di lasciarla sola. E forse, sapere che le sono accanto, che vorranno incontrarla il prima possibile, che si rapportano con i legali che ha scelto per rappresentarla in giudizio, ha dato a Irma la forza di raccontare i suoi 40 anni di dolore. E di assumersi la responsabilità piena della morte del loro padre.
lucia sammartino

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