Pascoli concessi a chi non ne avrebbe titolo, in danno di chi – invece – possiede tutti i requisiti richiesti. Pascoli che a loro volta consentono l’erogazione di contributi che quindi potrebbero finire dove invece non dovrebbero. Ed è questa la vicenda personale e imprenditoriale sulla quale chiede alla Procura di indagare un allevatore di Cerro al Volturno che due giorni fa si è rivolto alla magistratura.
Marco Izzi ha 42 anni e, dopo una vita all’estero, sei anni fa è tornato a Cerro al Volturno e ha scelto di diventare allevatore. Tre anni fa apre la sua azienda: prima con 25 capi, diventati 50 l’anno successivo. Oggi ne sono 150, 90 bovini e 60 asini. Allevati rigorosamente allo stato brado transumante all’aperto, liberi di pascolare per crescere senza le ‘ristrettezze’ di una stalla. Marco ha una mungitrice portatile. Li raggiunge lì dove sono, una fatica immane ma allevare in questo modo significa rispettare gli animali, dare loro libertà e possibilità di crescere senza gli spazi limitati che giocoforza le stalle impongono.
Una scelta di vita, quella di Marco che non è ‘nato’ allevatore che si scontra da tre anni con la difficoltà – o meglio i tanti ostacoli – di poter accedere alle quote della Fida pascolo che, a loro volta, consentono l’accesso ai contributi Agea.
E la denuncia dell’allevatore fa venire in mente quello che accade in altre regioni, dove tali contributi scatenano appetiti diversi, troppo spesso fuorilegge.
«Non ho mai avuto accesso alle quote di pascolo sebbene io sia in possesso dei requisiti, primo fra tutti quello della residenza nel comune da non meno di 5 anni. Eppure ci sono allevatori che non sono residenti, che hanno stalle nei comuni limitrofi e che non portano mai al pascolo i propri animali e che, invece, hanno avuto la propria quota pascolo. Oggi sono costretto a tenere gli animali sui miei terreni ma trattandosi di un allevamento transumante allo stato brado, ovviamente possono anche ‘sconfinare’ su terreni comunali alla ricerca del foraggio. Io mi sono autodenunciato, in Questura e in Prefettura. Non posso fare altro, il mio allevamento è ridotto alla fame. E ho bisogno di capire se questa vicenda sia da considerarsi legale o meno. Motivo per il quale, attraverso l’avvocato Carmine Biasiello che mi assiste, ho deciso di andare fino in fondo. Non è possibile che da tre anni io incontri solo ostacoli insormontabili in quello che è un mio diritto».
Intanto i requisiti: residenza nel comune da almeno 5 anni, regolare allevamento iscritto all’anagrafe dell’Asrem, regolare pagamento dei contributi.
«Requisiti che posseggo, ovviamente, altrimenti non mi sarei autodenunciato né tantomeno, se fossi stato in difetto, avrei deciso di portare la faccenda in Procura – spiega Marco Izzi al telefono -. La priorità troppo spesso sembra venga data ai non residenti, a volte con affidamenti decennali, che non sono previsti dalle norme. E capita anche che chi ottiene la quota di pascolo, poi non porti gli animali sui terreni. Ho le prove di quello che dico, non m’invento nulla. E per me queste modalità non sono corrette, ritengo ci siano profili anche di illegalità che sono certo saranno verificati a seguito della mia denuncia alla Procura. I miei animali soffrono, al momento questa è l’unica certezza che ho. Ma perché non possono pascolare sui terreni dove potrebbero è la domanda che mi pongo ogni giorno da tre anni».
L’altro ieri, il 19 luglio, Marco Izzi è andato dai carabinieri della stazione di Castel San Vincenzo dove ha consegnato l’esposto querela: l’imprenditore 42enne ripercorre la propria storia di allevatore, iscritto alla Camera di Commercio di Isernia dal 2021 quale allevatore di bovini ed equini. Nello stesso anno la prima richiesta di concessione di fida pascolo che, ai sensi del regolamento comunale, in via prioritaria è concessa ai «residenti allevatori dei terreni demaniali in numero di un ettaro per bovino adulto».
Il Comune rilascia l’autorizzazione al pascolo su 45 ettari di terreno per un canone annuo di 300 euro. Ma di questi 45 ettari, scrive Izzi nel suo esposto, solo tre ettari consentono il pascolo. Il resto inutilizzabile perché boschivo. Un danno economico, quindi: i capi di bestiame non hanno il quantitativo di foraggio necessario e quindi è necessario procedere all’acquisto di alimenti. Oltre il danno, anche la beffa: l’Agea non concede i contributi previsti proprio perché i terreni non sono idonei al pascolo.
L’allevatore chiede al Comune di revocare la deliberazione di concessione. Impossibile, la risposta, non ci sono altri terreni a disposizione oltre quelli assegnati.
Ma assegnati a chi? «Di tali allevatori – si legge nell’esposto – uno solo aveva titolo prioritario in quanto residente a Cerro, gli altri erano di fuori comune sia di residenza che di codice stalla. In sintesi, il Comune avrebbe dovuto prima concedere i terreni demaniali agli allevatori prioritari e poi l’esubero agli altri».
Nel 2022 stesso iter: domanda per l’assegnazione della fida pascolo per 50 capi bovini, canone annuo 500 euro. Il Comune assegna ulteriori 37 ettari di cui 18 adatti al pascolo, altri boschivi. Izzi perde i contributi Agea, subisce il danno per aver dovuto foraggiare i propri animali diversamente. Identica richiesta di risolvere il problema, identica risposta: non ci sono ulteriori terreni. Izzi non demorde, chiede la planimetria e la documentazione con la quale risulta possibile ricavare la movimentazione degli animali appartenenti agli allevatori non residenti.
Ed ecco la prima sorpresa: viene messo nero su bianco che nel 2021 non si sono verificate movimentazioni. La cartografia, però, non viene rilasciata.
Ergo, si domanda Izzi, su quei pascoli non sono stati portati animali nonostante la concessione dell’utilizzo? E, seconda domanda che l’allevatore pone alla Procura, i contributi Agea sono stati erogati agli allevatori che hanno avuto l’accesso alla Fida pascolo senza portare i propri capi su quei terreni? Negli anni in questione, inoltre, risulterebbero liberi e non assegnati terreni comunali per circa 20 ettari utilizzabili, per un totale di 74.
E arriviamo al 15 marzo 2023, Izzi chiede nuovamente la fida pascolo per i suoi 150 animali. Spetterebbero, secondo il regolamento comunale, 150 ettari. Ne vengono concessi 90 di cui 30 utilizzabili. Poi, a fine giugno, il Comune informa Izzi di aver annullato la proposta e propone la concessione di 278 ettari di cui 30 utili per 150 capi. Insufficienti. Poi, con altra missiva, gli ettari diventano 243, la stragrande parte dei quali di natura boschiva.
Ed ecco la seconda sorpresa, amara: sembrerebbe che alcune delle particelle per complessivi 50 ettari siano state assegnate, con contratto decennale, ad un allevatore residente ad Acquaviva d’Isernia. Quindi non prioritario come invece è Izzi in quanto residente.
«Il 10 luglio la situazione precipita – racconta, ormai esasperato, l’allevatore -: il responsabile del servizio mi avverte della sospensione della pratica di Fida pascolo richiedendo l’esibizione e il deposito del modello 7 Asrem ‘indispensabile per il trasferimento dei capi sul pascolo’. Tale documento, però. oltre a non essere necessario ai fini della concessione, viene rilasciato solo dopo che il Comune concede i terreni ai fini del pascolo – commenta Izzi -. Ad oggi non risulto assegnatario di Fida pascolo per i miei 150 animali, con evidente danno economico visto che devo acquistare il foraggio e non percepirò alcun contributo Agea. Non solo: sono stato ‘invitato’ anche a chiudere la mia azienda, così mi è stato detto. E faccio nomi e cognomi nell’esposto. Per me questa è persecuzione, ho informato la Prefettura per i provvedimenti amministrativi di competenza e la Procura nel caso si ravvisino estremi di reato. Che io credo ci siano».
ls

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