«Non mi meraviglio che il sistema non abbia funzionato ma che le domande siano state poche». Questo il dato evidenziato dal presidente della Provincia di Isernia Lorenzo Coia all’indomani della bufera scoppiata sui tirocini formativi e sull’esclusione delle 26 istanze della zona isernina a causa del mancato accesso di operatori e funzionari del centro per l’impiego al sistema informatico Mosem.
Coia ammette che ci sono stati dei problemi tecnici che hanno impedito di attuare la procedura nei termini previsti, a svantaggio di coloro che avevano regolarmente presentato tutti i documenti, ma sottolinea anche che la vera stranezza del ‘cappotto’ di Campobasso su Isernia sia dovuta a una serie di fattori, che lui imputa a sindacati e associazioni di categoria.
«Non c’è stata alcuna prevaricazione di Campobasso su Isernia – ha dichiarato -. Sì, ci sono le colpe del centro per l’impiego, del sistema informatico e delle notizie relative alla scadenza del bando fissata al 4 settembre, ma la vera questione è che, nonostante questa provincia abbia sofferto più degli altri la crisi industriale e conti più disoccupati, il rapporto delle domande è 27 a 200circa».
Nella provincia più grande del Molise quindi, secondo Coia, sono stati più bravi a veicolare il bando dei tirocini e a far passare il messaggio che poteva essere un’opportunità interessante per chi non ha un occupazione da tempo.
E allora di chi è la colpa se in provincia di Isernia molti non hanno nemmeno saputo dell’esistenza di tale strumento? Per il presidente della provincia le responsabilità sono da addebitare a una serie di soggetti che non sono riusciti a ‘invogliare’ i tanti disoccupati del territorio.
«I tirocini li fanno le aziende ed è chiaro che dove il tessuto produttivo è più vivace ci sono più necessità di attivarli – ha proseguito -. Mi pare che da parte di cassintegrati o disoccupati ci sia una scarsa propensione ad attivarsi, così come da parte delle aziende nel proporre gli strumenti volti ad assumere personale. Questa difficoltà deriva da una mancanza di entusiasmo, di vivacità imprenditoriale e in tutto ciò c’è anche il ruolo dei sindacati che non sono riusciti a propagandare il bando. La misura non è stata veicolata bene ma non per colpa della Regione.
Gli interessati sono quelli che hanno contatti diretti con lavoratori, quindi associazioni e organismi di categoria. Non a caso a Campobasso hanno funzionato proprio due organizzazioni professionali.
Se il rapporto era 1 a 3 ora è diventato 1 a 10.
Se lo strumento non funziona non è per colpa di chi non lo sa: bisogna far arrivare il messaggio alle persone e servono soggetti che intercettino la domanda e la canalizzano».
VC