Si divide tra Comune, azienda e campagna elettorale, Andrea Di Lucente, candidato con la lista Popolari per l’Italia a sostegno di Donato Toma. «Mia moglie è sul punto di cacciarmi di casa: troppa politica e poco tempo per me. Però non ci riesco. Quando un cittadino, e non solo quelli del paese che amministro, mi sottopone un problema non posso girarmi dall’altra parte. Ma mi sono reso conto che da semplice amministratore comunale puoi arrivare fino ad un certo punto, poi lotti contro i mulini a vento. In Regione vorrei fare quello che finora non mi è stato permesso da sindaco».
Chi non lo conosce si trova davanti un uomo alto e all’apparenza burbero. Poi scopre che è un tipo alla mano. E pure uno di quelli che ti dice sempre le cose come stanno, senza indorare la pillola. «È il frutto di tanti anni di lavoro (durissimo, ndr) ovunque. Negli incontri ufficiali negli Usa noi italiani arriviamo ancora in giacca e cravatta, loro in t-shirt: sanno che è necessario badare alla sostanza. Ho adottato da anni pure io questa filosofia, bado alla sostanza. La forma la lascio a chi la politica la fa per mestiere e non ha idea di cosa significhi doversi confrontare ogni giorno con i problemi reali (e seri) delle persone».
Centrodestra, si sente toccato dalle critiche che piovono ovunque sui nomi che popolano le liste a sostegno di Toma presidente?
«Cavolate. Veneziale parla di transumanza cattiva dal centrosinistra al centrodestra, i grillini vogliono apparire la novità per antonomasia, immacolati e unici salvatori. Io la vedo diversamente. Vengo da una famiglia umile che mi ha insegnato una cosa su tutte: il lavoro duro e l’affidabilità pagano sempre. Se non ti impegni duramente, non hai un’idea più degli altri e le persone non possono mettere la mano sul fuoco su di te, allora non puoi andare avanti. Questo sono io: lavoro duro e impegno a favore delle persone. Gli elettori lo capiscono quando dietro una scelta c’è puro calcolo personalistico e quando, invece, c’è la genuinità. Mi ero stancato, da sindaco, di subire le decisioni prese da altri, magari da chi non conosce nemmeno il territorio per cui decide».
Allora centrodestra perché ci crede?
«Ovviamente. Sono sempre stato un uomo di centrodestra. C’è chi potrebbe dire che sono stato vicino a Frattura e che ho scelto di candidarmi con il centrodestra. Il solito opportunismo, quindi. Il solito voltafaccia. Macché. Frattura ha portato delle idee buone nella discussione politica. Ha fornito premesse che avrebbero potuto portare allo sviluppo del nostro territorio. Poi s’è perso per strada. Diceva il mio professore: ci sono idee giuste, a prescindere da chi le sta dicendo. E così, da uomo di centrodestra, mi sono aperto all’ascolto di un presidente d’altra parte politica. Ma la litigiosità interna, le beghe tra prime donne, le promesse tradite non hanno fatto altro che rafforzare la mia idea che la coalizione di centrodestra possa, nonostante tutto, dare un contributo positivo. Sui voltafaccia, sui soliti nomi che hanno affossato la nostra regione, sarà l’elettorato a decidere e a punire alle urne».
Perché la scelta di candidarsi?
«Non ho bisogno della politica per vivere e quindi sono un uomo libero, non ricattabile da nessuno. E sono fermamente deciso a battermi per la mia idea di sviluppo della regione. Se avessi voluto fare discorsi personalistici, avrei scelto un’altra lista: una comoda nel quale essere eletto. Invece io credo in questa decisione, condivisa da tutta l’amministrazione comunale di Vastogirardi».
Un’idea basata su cosa?
«Sul fatto che le nostre aree interne, le nostre montagne siano una risorsa e non qualcosa da danneggiare. Un punto focale sul quale puntare è quello della fiscalità di vantaggio, uno strumento che l’Europa mette a disposizione di alcune aree geografiche, in particolare di quelle di montagna. Devi subire disagi perché in montagna i servizi sono stati cancellati, la viabilità è da terzo mondo e tutto diventa più difficile? Allora paghi di meno. Meno tasse comunali e regionali, hai vantaggi fiscali e sgravi se apri un’attività. Meno Irap per le imprese ad esempio, diverse norme per l’apertura di attività, meno burocrazia, ruolo maggiore per le Unioni montane e Comuni in forma associata nel programmare lo sviluppo territoriale: questo è il modello che si vuole adottare in Piemonte. La Sicilia ha avviato ad aprile 2015 nell’Assemblea consigliare regionale l’iter della legge che istituisce le “Zone franche montane”. Gli strumenti ci sono. E altrove li usano. Anche in Molise dovremmo svegliarci. E pure subito».
Lei è anche presidente della squadra di calcio del suo paese. Meglio essere eletto consigliere o vedere il Vastogirardi vincere il campionato?
«Una dura lotta (ride). Non è detto che si possa arrivare ad entrambe le cose».