È possibile ipotizzare un legame tra lo Ior e l’omicidio del giornalista di Sessano Del Molise Mino Pecorelli? Difficile stabilirlo. Ma è quel che chiede di sapere la sorella Rosita che, tramite il suo avvocato Walter Biscotti, formulerà apposita istanza alla Procura di Roma di ascoltare l’ex presidente della banca del Vaticano Ettore Gotti Tedeschi a seguito delle dichiarazioni rilasciate di recente a ‘Le Iene’ sul giallo legato alla morte di David Rossi.
Nel corso di una prima intervista, all’ex presidente dello Ior sono state fatte domande su quattro conti correnti che sarebbero stati aperti presso la banca del Vaticano e che sarebbero riconducibili a uomini della Fondazione Mps. «Credo che fosse vero», ha risposto Gotti, ipotizzando che si trattasse di ‘tangenti’. In una seconda intervista Gotti ha affermato di essersi «sempre rifiutato di vedere i conti. Non era mio compito – ha dichiarato –. Il mio incarico era attuare le necessarie procedure per fare trasparenza e mi fu anche detto di lasciare stare la curiosità naturale di guardare di chi sono i conti». È, durante l’intervista è saltato fuori il nome del giornalista molisano, assassinato a Roma nel marzo del 1979. Un delitto che, a distanza di 40 anni, resta ancora avvolto nel mistero e per il quale, di recente, sono state riaperte le indagini. «Si ricorda perché è morto? Ha messo le mani su che cosa? Sui nomi. Vada a rileggersi i giornali dell’epoca. E vada a riflettere, cioè, se lei sa dei nomi e li dice nel modo sbagliato, alla persona sbagliata e questi nomi potrebbero non gradirlo, avere un segreto è un’arma a doppio taglio. Se lei è forte le permette di influenzare gli altri. Se lei è debole o decide di essere debole… lei è morto». Queste le dichiarazioni di Gotti Tedeschi, che non sono certo sfuggite a Rosita Pecorelli.
La parola passa ora alla Procura, che dovrà valutare il da farsi. Sul caso, come è noto, la sorella del giornalista è riuscita ad ottenere la riapertura delle indagini. Al momento è stato chiesto alla Digos di compiere nuovi accertamenti balistici su alcune armi che furono sequestrate a Monza nel 1995 ad un soggetto in passato esponente di Avanguardia Nazionale. Si tratta, tra le altre, di una pistola Beretta 7 e 65 e di quattro silenziatori artigianali. Nella richiesta di Rosita Pecorelli si sollecitavano i magistrati a riaprire le indagini sulla base anche di una vecchia dichiarazione di Vincenzo Vinciguerra (ex estremista di estrema destra), raccolta dal giudice Guido Salvini nel 1992 e individuata dalla giornalista Raffaella Fanelli che lo ha intervistato su Estreme Conseguenze. Nella dichiarazione Vinciguerra sostiene di sapere chi avrebbe avuto in custodia la pistola usata per uccidere Pecorelli. Gli accertamenti al tempo non portarono a sviluppi investigativi.
Il giornalista molisano direttore di Op, Osservatorio politico, fu assassinato da un sicario che gli esplose quattro colpi di pistola in via Orazio a Roma, nelle vicinanze della redazione del giornale. I proiettili, calibro 7,65, trovati nel suo corpo sono molto particolari, della marca Gevelot, assai rari sul mercato (anche su quello clandestino), ma dello stesso tipo di quelli che sarebbero poi stati trovati nell’arsenale della banda della Magliana rinvenuto nei sotterranei del Ministero della Sanità.