Un pugno, un violento cazzotto che lo ha colpito all’orecchio. Davide Di Lello, medico anestesista rianimatore del Veneziale, fu aggredito da un familiare di un paziente a cui aveva prestato soccorso in corsia. Era la fine di maggio del 2020 e quel giorno, Di Lello entrò a pieno titolo nella categoria dei camici bianchi aggrediti sul posto di lavoro – un ospedale – e diventò a sua volta un paziente.
L’uomo ritenuto colpevole di quell’aggressione, individuato nei giorni immediatamente successivi al fatto dagli agenti della Squadra Mobile, è stato rinviato a giudizio: lo ha deciso nelle scorse ore il giudice per le udienze preliminari del tribunale di Isernia, Michaela Sapio. È accusato di violenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate.
Il gip Michaela Sapio ha accolto la richiesta dell’Ordine dei medici chirurghi della provincia di Isernia che si costituirà parte civile nel processo che prenderà il via il prossimo 15 novembre nel tribunale del capoluogo di provincia. Ed è una prima volta in Molise: l’Ordine del capoluogo, che si è affidato all’avvocato Danilo Leva, parte offesa e in prima linea accanto ad un medico, un collega, un professionista brutalmente aggredito mentre svolgeva il proprio compito, in un momento tra l’altro reso ancor più complicato dall’emergenza pandemica in atto.
«Abbiamo deciso di procedere su questa strada – commenta Fernando Crudele, presidente dell’Omceo di Isernia – per essere concretamente accanto a un nostro iscritto, schierandoci a difesa della funzione sociale della professione sanitaria. Durante la pandemia i medici sono stati definiti ‘eroi’, ma in realtà gli episodi di violenza ai danni del personale medico e paramedico sono sempre più frequenti. Mi auguro che la nostra azione funga da deterrente. In attesa di un intervento più incisivo da parte del legislatore, lanciamo un segnale forte: i medici aggrediti non saranno lasciati mai soli. Saremo sempre in prima linea – conclude il presidente Crudele – per aiutarli e per chiedere la punizione dei responsabili di gesti di una gravità inaudita».
L’Omceo Isernia assunse questa decisione immediatamente conferendo mandato all’avvocato Danilo Leva per avviare l’iter, presentando l’apposita istanza alla Procura della Repubblica.
Le indagini immediatamente successive al fatto consentirono di stabilire che l’uomo, residente in un centro della provincia, quel giorno si trovava in reparto (nonostante l’emergenza pandemica in atto) insieme ad un parente: all’origine dell’episodio, l’aver attribuito al medico anestesista aggredito la causa del ritardo della prestazione sanitaria di cui il suo familiare aveva bisogno.
«Ero stato chiamato per un’urgenza – raccontò all’Ansa, nei giorni successivi all’aggressione, il dottor Di Lella -. Appena arrivato, una persona mi ha chiesto se fossi un rianimatore e mi ha sferrato un pugno. Nonostante fossi tramortito, ho prestato assistenza e poi mi sono recato in Pronto Soccorso non potendo portare a termine il turno per le condizioni di salute». Per lui una prognosi di otto giorni.
Un episodio gravissimo, sul quale allora intervenne proprio il presidente Crudele che rilanciò l’improrogabilità di azioni concrete: riattivare il posto di polizia del Veneziale e proteggere le guardie mediche almeno attraverso un sistema di videosorveglianza.