Sergej assaggia il suo cappuccino caldo, lo beve a piccoli sorsi, stringe forte la tazza bianca che gli riscalda le manine. Un lampo di normalità per quel bimbo diventato grande troppo in fretta. Un momento straordinario di serenità, di pace.
Non si sentono sirene, allarmi, spari, urla. Finalmente Sergej non deve correre in cantina per proteggersi da quello che accade fuori, non deve chiudere gli occhi aspettando che la notte finisca. Non deve sentire più il suo cuore battere all’impazzata.
Ucraina, confine con la Polonia. Anno Domini 2022.
Arriva dalla guerra, Sergej. Ha 11 anni e ieri mattina ha fatto colazione al Bar Centrale, sotto lo sguardo attento e protettivo di chi – da oggi e fino a quando servirà – se ne prenderà cura. Una famiglia capace di un gesto straordinario, di amore. Lo guardano con dolcezza, immaginando le ore drammatiche ha dovuto vivere quello scricciolo, la paura che lo ha accompagnato fin qui.
Fino ad Isernia dove è arrivato l’altra sera e dove ha trovato una famiglia che lo ha accolto, gli ha spalancato le porte di casa e del cuore che anche ora, forse, batte forte. Ma non per la paura.
È abituato al dolore, il piccolo Sergej: viveva fino a qualche ora fa in un orfanotrofio, non ha né mamma né papà. La guerra è piombata sulla sua esistenza, avrà pensato di non avere via di fuga, di non avere speranza. E invece, a centinaia di chilometri di distanza, nel cuore del centro storico di Isernia, c’era qualcuno che si preparava ad accoglierlo.
La famiglia che dall’altro giorno lo accudisce come un figlio, fragile e sensibile da tutelare più degli altri, fa parte di una rete di persone che, negli anni Novanta, accolse i bimbi di Chernobyl.
Piccoli che avevano bisogno di aria pulita e di serenità, per curare le ferite del disastro. E quella stessa rete si è riattivata: anche oggi ci sono bambini che hanno bisogno di aria pulita, di serenità, di cure. Per colpa della guerra che imperversa da nove giorni nel cuore dell’Europa, che ha strappato il piccolo Sergej persino dall’unico luogo sicuro che conosceva. L’orfanotrofio.
L’associazione che coordina le famiglie, che ha sede a Nola, ha fatto un giro di telefonate, chiedendo disponibilità. E da Isernia è arrivata quella risposta attesa, che Sergej non conosceva mentre si nascondeva in cantina, sfuggiva all’orrore.
Poche cose in una valigia, un viaggio avventuroso in Polonia e poi in auto fino a Isernia dove la famiglia che lo ha accolto, con uno straordinario gesto di umanità, prova a rendere meno traumatico il distacco da quella che fino a qualche ora fa era il suo mondo, dove c’erano i suoi riferimenti, i suoi ‘fratellini’ dai quali ha dovuto separarsi.
Per Sergej è iniziata un’altra vita. Chissà quanto durerà. Ma lui sa che è un dono, che arriva da persone con il cuore grande. Grandissimo.
ls