Un lampo, mentre in televisione andava in onda l’orrore. E, immediata e conseguente, la consapevolezza che bisognava fare qualcosa per aiutare. Un giro di telefonate per recuperare il contatto giusto, la chiamata ad una delle meritorie associazioni che si sta preoccupando di portare in Italia chi scappa dalla guerra e, nel giro di un paio di giorni, quel lampo che gli aveva attraversato i pensieri e il cuore è diventato accoglienza. Vera, concreta.
Michele Iorio. Oggi non parla l’ex presidente della Regione Molise, il consigliere regionale che continua a fare le pulci alla sua maggioranza. Oggi non si parla di politica regionale.
No, oggi racconta un’esperienza di quelle ’segnanti’. Oggi è un nonno che ha altri due nipoti, stavolta acquisiti. Arrivano da Kiev, le ha accolte nella sua casa isernina. E ieri, come ogni nonno che si rispetti, ha accompagnato a scuola, per il suo primo giorno, la più piccola.
Polina, si chiama così. Un nome che si associa immediatamente alla bimba con le ciocche rosa, una delle prime vittime del conflitto che sta infiammando l’Europa.
Centinaia di bandierine con i colori dell’Italia e dell’Ucraina l’hanno accolta al suo primo giorno di scuola alla San Giovanni Bosco. E centinaia di bimbi che l’hanno fatta dapprima emozionare, poi sorridere. Che l’hanno resa felice, riportandola ad una dimensione che dovrebbe essere la normalità per una bambina: andare a scuola, giocare con i compagni, combinare qualche pasticcio.
Ieri ogni classe ha voluto portare un regalo a Polina, bombardata finalmente da amore, serenità, pace, gesti di affetto e giochi di un’età che mai dovrebbe conoscere l’orrore. Quello stesso che ha visto, e vede ancora anche se a distanza. Perché forse il cuore di Polina è ancora nella sua cameretta a Kiev, accanto ai suoi giocattoli, magari abbracciata al suo papà.
Ma oggi è a Isernia, nella sua nuova scuola che l’ha accolta con amore, sorrisi, musica e gioia. Sorride Polina quando calza la corona preparata per lei dai suoi nuovi compagni, si emoziona quando sente gli applausi, avverte l’affetto intorno. Si stringe alla mamma, piange. Ma poi le si illumina lo sguardo quando riceve un enorme peluche, bambole e giochi. Volta lo sguardo, a cercare il nonno italiano, che l’ha accompagnata a scuola.
«È una bimba dolce e traumatizzata – racconta Michele Iorio -, basta un attimo e s’incupisce. Si nota subito dal suo sguardo».
Andrà sempre meglio, la scuola riuscirà a darle una normalità che saprà rimettere a posto in qualche modo i pezzi di una vita che troppo presto ha conosciuto la paura.
«Certo, la dirigenza scolastica… tutti sono stati in gambissima – racconta ancora, riferendosi a Giuseppe Posillico, agli insegnanti, al personale che lavora alla San Giovanni Bosco -, si sono dotati anche di un mediatore linguistico per agevolare il suo ingresso e l’integrazione. Hanno fatto tutto per bene e oggi hanno voluto festeggiare l’arrivo di Polina in classe. La verità? Quando l’ho vista commuoversi, ho pianto anche io».
Viveva a Kiev la piccola Polina: la mamma – che è qui con lei -, la sorella più grande, anche lei a Isernia, studia medicina e segue le lezioni a distanza. Il papà è rimasto nella capitale, saperle al sicuro anche se lontane rende meno doloroso lo strappo. Ma bisogna resistere, combattere. E bisogna proteggere chi si ama, per questo le ha lasciate andare con la morte nel cuore.
«Stavamo guardando un telegiornale – riavvolge il nastro Michele Iorio – e ho capito che avremmo dovuto fare qualcosa, ne ho parlato con mia moglie che si è detta subito d’accordo. Abbiamo lo spazio per consentire a questa famiglia di avere la giusta indipendenza, potevamo accogliere e lo abbiamo fatto. Abbiamo messo in moto la macchina. E quando sono arrivate a Isernia, abbiamo fatto tutto quello che si doveva: la registrazione, le vaccinazioni. Abbiamo qualche difficoltà con la lingua ma ci aiutiamo con il telefonino, traduciamo usando un programma specifico e ci capiamo». Sì perché basta anche uno sguardo per comprendere e comprendersi. Un sorriso per dimostrare quello che ancora le parole non dicono. A Pescolanciano, una manciata di chilometri da Isernia, c’è la zia di Polina, che ha trovato accoglienza nel piccolo centro. Si vedono spesso, le radici non sono separate completamente, anche questo aiuta a sentirsi più vicini alla propria casa, a quella vita sulla quale sono piombate le bombe.
Michele Iorio ha una esperienza di accoglienza, datata al tempo del disastro di Chernobyl. Non durò molto allora. Il ragazzo che avevano accolto non volle più tornare in Italia.
Oggi è la guerra che segna le storie, che attraversa il futuro di chi ha lasciato casa e patria, affetti e familiari e ha chiuso tutto in una piccola valigia. E quel lampo che ha attraversato cuore e mente di Michele Iorio non è un caso isolato: sono decine e decine le nonne e i nonni acquisiti che sostengono bambini che oggi possono sorridere anche se gli occhi sono a volte ancora tristi. «Non ci sono altre alternative, se si hanno le possibilità bisogna accogliere» commenta Michele Iorio. Protagonista della politica per decenni, oggi protagonista di una piccola, grande storia di straordinaria umanità.
ls

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