«Ampi spazi per attività criminali», così nel rapporto semestrale della Dia pubblicato solo qualche giorno fa e relativo al primo semestre del 2021. La provincia di Isernia non è esente, come l’intera regione che vede sempre più sbiadirsi il ‘marchio’ di isola felice.
«Il rischio non è di oggi – commenta il procuratore capo Carlo Fucci -. Negli anni, almeno relativamente alla mia esperienza a Isernia, abbiamo individuato e combattuto reati in materia economica o legati allo spaccio di stupefacenti che evidenziano l’interesse della criminalità organizzata e di gruppi di criminalità economica anche non legati alla classica criminalità organizzata per questa provincia. Però parliamo di un rischio che non s’è tradotto in un inserimento stabile sul territorio, certamente anche grazie al lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Isernia col supporto di tutte le forze dell’ordine e dalla direzione distrettuale antimafia di Campobasso. Non credo esista un territorio più appetibile di altri – rimarca -anche perché ormai la criminalità organizzata è diffusa in tutte le regioni d’Italia. Vero è che un territorio con difficoltà economiche apparentemente tranquillo come può essere il Molise teoricamente è più attrattivo. Magari l’impressione all’esterno è che sia una realtà meno attenzionata dall’autorità giudiziaria e dalle forze dell’ordine ma è un calcolo completamente sbagliato – avverte Fucci -, lo testimoniano i risultati che abbiamo conseguito rispetto ai tentativi di infiltrazione di gruppi criminali campani o pugliesi o a gruppi di criminalità economica».
L’esperienza diretta del procuratore riflette, ovviamente, quanto contenuto nel recente report della Direzione investigativa antimafia. Isernia entra nelle oltre 500 pagine della relazione – assieme al Molise intero – per la presenza di «articolazioni logistiche strumentali al riciclaggio di capitali illecitamente accumulati», per gli investimenti in attività commerciali e d’impresa, infiltrazioni che si avvalgono di «sofisticati e articolati meccanismi volti a influenzare il sistema economico e a favorire l’infiltrazione nell’economia legale». Il contesto territoriale, come rimarcato dal procuratore di Isernia, non è caratterizzato da una presenza stabile e strutturata di insediamenti mafiosi anche se si rileva «la criticità di alcune aree soprattutto quelle prospicienti la fascia adriatica e correnti tra le zone del Sannio e Matese più permeabili alle infiltrazioni criminali derivanti dall’azione di soggetti contigui alla criminalità organizzata pugliese e campana» che spesso hanno scelto il territorio molisano per stabilire il loro domicilio come rifugio per la latitanza o per avviare attività delittuose per lo più legate a traffici di stupefacenti. La provincia d’Isernia – si legge – attrae gli investimenti dei sodalizi criminali (assieme al basso Molise), «anche in misura maggiore per certi aspetti rispetto al capoluogo di regione, palesando particolare interesse rivolto al settore immobiliare, alle reti della grande distribuzione commerciale, al turismo, nonché al settore dei trasporti, delle scommesse e a quello estremamente remunerativo degli impianti eolici». Un polo di attrazione per le mire espansionistiche extraregionali delle limitrofe organizzazioni delinquenziali delle regioni limitrofe. Di conseguenza si registrano negli ultimi tempi «significative infiltrazioni in tutti i comparti maggiormente esposti al rischio di riciclaggio di denaro di provenienza illecita quali le attività di rivendita di auto usate, di gestione dei locali notturni e delle sale giochi o quelle connesse con il settore dell’edilizia, l’acquisizione di attività commerciali, la produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua, nonché la gestione dei rifiuti e verosimilmente la fiorente green-economy.»
In particolare la vicinanza con la Campania favorirebbe «una più o meno silente “migrazione” in territorio molisano di pregiudicati di origine napoletana e casertana» e conseguentemente una pericolosa esposizione «all’influenza di gruppi di matrice camorristica». Anche il perdurare dei disagi imposti dalla situazione pandemica potrebbe agevolare «forme di assistenzialismo alternativo spingendo privati e aziende in difficoltà economica a ricercare rapidi “sostegni” finanziari che hanno inevitabilmente portato i sodalizi ad acquisire il controllo di imprese ed esercizi commerciali attraverso le prevedibili condotte intimidatorie al fine di attuare il reimpiego di capitali illeciti». A conferma di quanto ipotizzato, la Prefettura di Isernia -riguardo agli insediamenti del Nucleo Industriale Isernia-Venafro – ha evidenziato come gli stessi siano «costantemente oggetto di azione info-operativa, supportata da attente indagini nell’ambito delle attività istituzionali delle Forze dell’Ordine al fine di evitare l’apertura di nuovi circuiti criminali economici ai clan malavitosi». Alta quindi la soglia di attenzione per intercettare possibili segnali di infiltrazione quali le forme di riciclaggio e autoriciclaggio, la percezione di erogazioni pubbliche, la turbata libertà degli incanti e il monitoraggio delle numerose imprese aventi sede fittizia in Molise. Un capitolo a parte, nella relazione semestrale della Dia, riguarda la provincia di Isernia per la vicinanza territoriale con aree ad alta densità mafiosa che favorisce la presenza in regione di esponenti della criminalità organizzata che la scelgono anche come località ove scontare le misure alternative alla detenzione ovvero le misure cautelari personali. Nella relazione torna la vicenda che ha fatto scalpore proprio un anno fa quando un esponente della famiglia Spada – di origine sinti, colpita di recente da sentenze che ne hanno riconosciuto l’operatività mafiosa sul litorale romano – arrivò a Isernia per espiare la misura degli arresti domiciliari e fu accolto con fuochi d’artificio al ritmo di musiche neomelodiche. A seguito dell’intervento delle forze dell’ordine, poi, la Corte d’Assise d’Appello di Roma sostituì la misura della detenzione domiciliare con il ritorno in cella. «Episodi di questo genere possono essere considerati premessa della “contaminazione criminale” silente – si legge nella relazione della Dia – ma progressiva di un tessuto socio-economico prevalentemente sano e per questo appetibile per i sodalizi extraterritoriali più strutturati e spesso impegnati sul fronte del traffico di stupefacenti, dell’usura, del racket delle estorsioni e degli appalti pubblici». Sul fronte dello spaccio di droga, viene ricordata l’operazione Tibus del marzo del 2021: tre distinte organizzazioni «con caratteristiche di trasnazionalità, composte in gran parte da soggetti nigeriani ed albanesi. In particolare l’organizzazione albanese ha, nel tempo, rifornito i sodalizi nigeriani, che, a loro volta dello stupefacente curavano il trasporto e la commercializzazione sul nostro territorio nazionale. I sodalizi indagati, che avevano a Roma la loro base operativa, rifornivano le piazze di spaccio di ingenti quantitativi di marijuana attraverso una rete articolata in diverse province italiane fra cui la città di Isernia».