L’auto con il logo del Comune parcheggiata in posti insoliti. E così gli investigatori della Digos della Questura di Isernia hanno sentito la classica puzza di bruciato. Sono iniziate con una intuizione che si è rivelata azzeccata, le indagini che hanno portato alla denuncia di un funzionario in servizio a Palazzo San Francesco accusato di peculato d’uso e truffa, continuata e aggravata, ai danni dell’ente pubblico.
Dai primi accertamenti, gli investigatori sono risaliti alla persona che utilizzava, per andare al lavoro e tornare a casa, l’auto del Comune.
Ma poi, approfondendo la vicenda, gli agenti della Digos hanno acquisito altri elementi di prova che fanno ritenere che l’auto sia stata utilizzata dalla persona sulla quale si sono concentrate le indagini, al di fuori delle esigenze di servizio, anche per fare attività sportiva e giri in città, distraendo così temporaneamente il bene dell’ente pubblico dal suo fine primario e utilizzandolo per interessi privati.
Un lavoro certosino e puntiglioso quello portato avanti dagli agenti, anche analizzando la corposa documentazione acquisita presso l’ente, che hanno anche riscontrato che, in talune occasioni, il funzionario .- che non è detto sia un uomo, per dovere di cronaca – aveva omesso di timbrare il cartellino marcatempo (che attesta la regolare presenza in ufficio) durante i periodi di assenza. Ponendo in essere, quindi, una condotta idonea ad integrare il reato di truffa in danno dell’ente pubblico, il Comune che è il datore di lavoro, circa la sua reale presenza in ufficio e percependo, di conseguenza, somme indebite per prestazioni lavorative non effettuate visto che non era al lavoro.
Il funzionario dovrà comparire nei prossimi mesi dinanzi al giudice il quale, in sede di udienza preliminare, ascoltate anche le spiegazioni dell’imputato e gli argomenti proposti dal suo difensore, valuterà la fondatezza dell’imputazione e se il quadro probatorio sia tale da permettere di sostenere efficacemente l’accusa in giudizio.
La Procura della Repubblica di Isernia, che ha coordinato le indagini, ha esercitato l’azione penale accusando il funzionario reo di aver commesso le fattispecie di cui agli articolo 314 co. 2 c.p. (c.d. peculato d’uso) e 640 comma 2 nr.1 c.p., (truffa, continuata e aggravata ai danni di un ente pubblico). E intanto in città la caccia al dipendente – o alla dipendente – infedele è cominciata.