Alla fine ha scelto di scegliere. L’avvocato Melogli ha rassegnato le dimissioni da consigliere comunale. Impossibile riuscire a strappargli una dichiarazione. Il suo telefono squilla a vuoto. La notizia corre veloce dopo la comunicazione social dell’ex collega a Palazzo San Francesco, Nicola Moscato. E raggiunge anche gli assessori della Giunta Castrataro, impegnati ieri pomeriggio in una riunione dell’Esecutivo.
Ha scelto lui, l’avvocato, e non in un giorno qualsiasi. In quello che si identifica con la festa di Isernia – di cui è stato a lungo sindaco – e degli isernini che lo hanno spinto a ricandidarsi per il ruolo di primo cittadino nonostante i tanti dubbi che aveva esposto sin dal primo momento.
Una decisione probabilmente conseguente all’avvio dell’iter intrapreso dal Consiglio comunale per la sua presunta incompatibilità. E così suggerisce anche il collega Nicola Moscato che polemizza: «con tutti i problemi cronici di Isernia – sostiene in un post ‘al vetriolo’ – la maggioranza ha preferito concentrare la propria attenzione sull’eventuale incompatibilità di un consigliere comunale di minoranza. Che preferisce rassegnare le dimissioni piuttosto che far giudicare la propria carriera politica da chi non conosce nemmeno un ufficio comunale. Adesso che questa pagliacciata si conclude definitivamente – scrive ancora Moscato all’indirizzo della maggioranza – magari riuscirete a concentrarvi sulla città».
Cambia lo scenario fra i banchi dell’opposizione, quindi. Al posto dell’avvocato Melogli, entra Antonella Matticoli che «tanto potrà dare all’intero consesso dopo aver ottenuto i fondi per la costruzione della piscina comunale nella precedente consiliatura» continua Moscato.
E, guarda caso, solo qualche ora prima della notizia dell’addio di Melogli, le minoranze consiliari avevano richiesto la convocazione di un consiglio comunale monotematico proprio sull’iter dell’impianto di contrada Le Piane.
Moscato invia il proprio abbraccio virtuale al consigliere Melogli, che «con la solita classe e signorilità che lo contraddistingue, dimostra cosa significhi essere un Signore. Sì, con la esse maiuscola».
L’avvio dell’iter per la presunta incompatibilità dell’avvocato Melogli è partito il 31 maggio scorso, con i voti della sola maggioranza consiliare. Un consiglio, quello dedicato all’argomento di certo sensibile e da prendere con le pinze, nel corso del quale la minoranza ha provato in tutti i modi a rimandare la decisione.
Ma perché Melogli è finito in questo ingranaggio che, nei fatti, sembra essere il motivo della scelta di abbandonare il Consiglio comunale?
Per lo sforamento del patto di stabilità 2010-2011, motivo per il quale la Corte dei Conti ha contestato al consigliere la restituzione di 19mila euro. Nello scorso mese di maggio, erano stati notificati dalla Ica Creset i solleciti di pagamento. La Prefettura, inoltre, aveva sollecitato l’avvio dell’iter da parte del Comune. L’avvocato Melogli non era l’unico destinatario della missiva: con lui, che all’epoca dei fatti era sindaco, l’intera Giunta e i consiglieri in carica nel 2010. In totale 26 persone per circa 500mila euro. La Corte dei Conti, in pratica, ha contestato il mancato rispetto del patto di stabilità con lo sforamento del bilancio e ha chiesto indietro circa 19mila euro all’ex sindaco, 7mila euro ai componenti della giunta e circa 400 euro ai consiglieri della maggioranza che all’epoca dei fatti approvarono il bilancio. Una vicenda, questa, nata nel 2017 a seguito della denuncia presentata dall’esponente del Movimento 5 Stelle Vittorio Monaco, attuale assessore a Palazzo San Francesco.
Avviare l’iter per la incompatibilità un atto dovuto secondo la maggioranza; un argomento rinviabile nell’attesa che il consigliere possa prendere visione dei documenti inerenti il caso di specie e possa avviare un’azione giudiziaria a sua tutela la posizione della minoranza che, in quel Consiglio di fine maggio, ha alzato le barricate. Alla fine, l’avvio del procedimento è passato con i voti della maggioranza, le opposizioni hanno lasciato l’aula non partecipando al voto e per Gabry Melogli è iniziato il count down: dieci giorni di tempo per presentare le proprie osservazioni e controdeduzioni. E dopo, nel corso di un altro Consiglio, si sarebbe dovuto decidere la sorte dell’ex sindaco.
Melogli, assente da quella seduta di Consiglio, ha sostenuto attraverso una lettera affidata al collega Giovancarmine Mancini, la necessità del rinvio legata all’assenza della documentazione completa richiesta. Inoltre, la notifica dell’ingiunzione di pagamento sulle sanzioni dovute per lo sforamento del patto di stabilità, regolarmente rispettato rilevava Melogli, apriva la strada all’azione giudiziaria di impugnativa. «Non c’è alcun provvedimento di alcun tribunale – aveva tuonato Melogli attraverso Mancini – che stabilisca la bontà delle sanzioni». Quindi una discussione, quella del Consiglio comunale di fine maggio, a suo avviso prematura.
«Si avrà un probabile contenzioso con il Comune, le dimissioni saranno cosa dovuta e consequenziale» le parole profetiche pronunciate in Aula da Giovancarmine Mancini. La maggioranza, per voce di Sergio Sardelli, aveva specificato che l’avvio dell’iter era una sorta di atto dovuto, «poter consentire al consigliere Melogli di avanzare tutte le sue osservazioni nelle sedi opportune alla contestazione che gli viene mossa». Il procedimento di contestazione della incompatibilità che sarebbe articolato su 3 consigli comunali. A seguito delle osservazioni di Melogli, l’Aula avrebbe dovuto valutarle nel merito e poi assumere una decisione.
«Come Consiglio siamo tenuti a farlo – le parole di Castrataro, quel giorno – la procedura deve avere inizio e non possiamo tirarci indietro: non è una questione di dove siede Melogli, poteva capitare a tutti. Nel massimo della collaborazione smorziamo i toni, c’è tutto il tempo di contestare quanto gli viene contestato, difendersi, noi non stiamo facendo altro che un atto dovuto».
Melogli ha tolto tutti dall’imbarazzo: ha scelto cosa fare e come fare senza aspettare la sentenza. Quella del Consiglio comunale.

ls

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