Difficile non pensare ad una soluzione simile a quella adottata dalla Calabria per fronteggiare l’emergenza medici. Difficile non immaginare di poterla replicarla anche al Veneziale, vista la situazione da allarme rosso che ormai è diventata routine soprattutto al Pronto soccorso. Da affrontare con turni aggiuntivi, salti mortali per poter coprire tutte le fasce orarie, proposte di soluzione inviate all’Asrem ma alle quali non sembra seguire alcun cenno, stati di agitazione e proteste che restano lettera morta. Una soluzione percorribile? Il tema ovviamente è stato affrontato dal presidente dell’Ordine dei medici della provincia di Isernia, che conosce bene il campo del quale parla e segue quanto dichiarato dal vertice della federazione nazionale Omceo, Filippo Anelli.
I 500 medici cubani, assunti a tempo determinato per far fronte alla carenza di personale negli ospedali? «Una misura emergenziale – spiega il presidente Anelli – per tamponare le carenze del sistema. Occorre una risposta strutturale e complessiva che, oltre a farci superare il momento, vada a colmare le disuguaglianze di salute all’interno del Paese».
In ogni caso, la risposta della Calabria convince fino a un certo punto. «Prima di rivolgersi all’estero – rilancia Anelli -, sarebbe opportuno esplorare tutte le possibilità in Italia, prevedendo l’impiego, sempre in via emergenziale e ovviamente volontaria, dei medici specializzandi e dei pensionati».
Al prossimo Governo, quello che verrà fuori dalle urne fra un mese, il presidente della Fnomceo chiede di schierarsi in prima linea per andare oltre l’emergenza, cominciando a programmare in maniera più incisiva il rilancio della sanità pubblica, eliminando le diseguaglianze tra regione e regione. «Il Governo che verrà abbia come priorità la questione delle disuguaglianze di salute. Questione che, sino ad ora, nessun intervento è riuscito a risolvere. Anche qui, serve una riflessione comune, per comprendere le cause e trovare soluzioni. Non è giusto che chi nasce al Sud abbia una speranza di vita e un’aspettativa di vita in buona salute di molto inferiori rispetto a chi nasce al Nord».
La priorità resta comunque quella di far fronte alle carenze di organico, un problema che si fa sentire sempre più nelle strutture ospedaliere molisane:
«Le assunzioni a tempo di medici stranieri – commenta il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Isernia, Fernando Crudele – servono a ben poco. La verità è che a causa del blocco del turn over, i medici che vanno in pensione non vengono sostituiti, mentre i continui tagli rendono meno attrattivi i nostri ospedali. La storia di alcuni recenti concorsi non fa altro che confermarlo: in pochi scelgono di partecipare alle selezioni, poiché non si hanno certezze sul futuro della sanità molisana».
Anche per Crudele occorre cominciare a programmare seriamente il futuro della sanità, regionale e non. «Fra 4 anni avremo 30mila nuovi specialisti in Italia. Ma a mio avviso non basta – spiega Crudele -. Occorre anche togliere il numero chiuso all’università, ma al tempo stesso bisogna tornare ad assumere. Le soluzioni “tampone” servono solo a rinviare il problema: alla scadenza del contratto, si ritorna al punto di partenza. Anche nella nostra regione, durante l’emergenza Covid, per un periodo abbiamo potuto contare sull’apporto dei medici venezuelani. È vero, hanno portato una piccola boccata d’ossigeno. Ma oggi siamo di nuovo alla canna del gas. In Molise – aggiunge il presidente dell’Omceo di Isernia – è fondamentale tornare a investire sulla sanità pubblica. Tra l’altro la nostra regione dovrebbe pretendere maggiori risorse dal Governo centrale: la salute non è una merce che si compra al supermercato, ma un diritto che la Costituzione garantisce a tutti, almeno sulla carta. Tra l’altro è assurdo che la nostra Regione sia ancora commissariata: se Roma avesse destinato tutti i soldi spesi per commissari e subcommissari ai servizi essenziali, probabilmente oggi il Molise sarebbe messo meglio. Lo dicono i fatti: in questi anni sono stati smantellati ospedali, reparti e servizi. Si fa sempre più fatica a far fronte alle emergenze. La gente è seriamente preoccupata, è stanca dei soliti proclami della politica: cozzano contro una realtà fatta di tagli e chiusure. Ecco, i cittadini si sentono presi in giro. A maggior ragione perché – conclude Crudele – all’orizzonte non si intravede nemmeno uno straccio di progetto di rilancio».

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