Una riflessione sullo stato di salute della sanità pubblica quella che il primario del Pronto soccorso del Veneziale affida agli ordini professionali. Nulla di nuovo verrebbe da dire, leggendo la lettera aperte scritta dal dottor Lucio Pastore, se non fosse che di mezzo c’è la salute dei cittadini, il diritto sacrosanto alle cure che dovrebbe essere costituzionalmente garantito a tutti e ad ogni latitudine del Paese. E invece.
«Stiamo vivendo un momento di profonda crisi del Sistema Sanitario. Da più di 20 anni assistiamo ad un progressivo smantellamento di ospedali, servizi e medicina territoriale. È stato ridotto drasticamente il personale del Servizio Sanitario e sono stati aumentati a dismisura i carichi burocratici. Ciò ha determinato carichi di lavoro estremamente stressanti e pertanto risulta sempre più difficile dare risposte ai bisogni di salute dei nostri pazienti.
Attualmente il finanziamento del SSN è sceso verso il 6% del PIL, che costituisce, a detta degli esperti, una condizione di non ritorno. I posti letto ospedalieri sono passati dal 6 per mille al 3 per mille per acuti e allo 0,7 per mille per cronici. Di fatto, è stato smantellato un sistema sanitario ospedalocentrico, senza aver prima creato una struttura territoriale che possa supportare i bisogni della popolazione ed avere verificato il funzionamento di questo modello alternativo. A tutto questo bisogna aggiungere il disastro creato dall’accesso a numero chiuso alla facoltà di Medicina per le diverse professioni sanitarie, che, quanto meno, è stato programmato in modo sbagliato, se osserviamo la carenza attuale di personale.
In queste condizioni abbiamo assistito anche ad un progressivo spostamento dei finanziamenti del Fondo Sanitario dalle strutture pubbliche alle strutture private convenzionate. Poiché il sistema pubblico e il sistema privato convenzionato attingono entrambi dallo stesso fondo, indirizzando la spesa verso i privati convenzionati, si definanzia il pubblico e, destinando posti letto ai privati convenzionati, si sottraggono posti letto al pubblico. Tuttavia, i privati convenzionati tendono a gestire i percorsi più remunerativi e non quelli di cui ha bisogno la popolazione. Per questo motivo, le strutture pubbliche, che non possono scegliersi i pazienti, sono intasate di richieste che non possono soddisfare, per mancanza di mezzi e di personale. Non è un caso che la spesa privata in sanità sia arrivata a 40 miliardi di euro. Stiamo assistendo ad una scelta politica di privatizzazione del bene comune “diritto alle cure ed alla salute”. Questo sarà un danno per la popolazione – la cui possibilità di accesso alle cure sarà sempre più dipendente dal reddito– e costituirà un danno progressivo anche per tutte le professioni sanitarie, che perderanno una propria indipendenza ed autonomia, e saranno soggette a chi detiene i capitali e regola il gioco. Per questo motivo è importante che gli Ordini Professionali si facciano parte attiva nel promuovere e proporre un piano di rinascita del Servizio Sanitario e si confrontino, possibilmente in maniera unitaria, con il mondo della politica, al fine di determinare una dialettica positiva per non perdere definitivamente il diritto alle cure come bene comune ed universale».