Una campagna elettorale affollata di incontri, non solo ‘organizzati’ ma anche casuali, come spesso accade a chi vive il territorio in ogni suo aspetto e a prescindere dall’occasione della tornata ormai vicina delle prossime Regionali.
E Lucio Pastore, direttore del Pronto soccorso del Veneziale sulla strada del pensionamento e oggi candidato alle Regionali con «Costruire democrazia» nel fronte progressista che sostiene Roberto Gravina, di incontri ne ha fatti sempre parecchi. Motivati dal suo lavoro, prima di tutto, ma anche dall’impegno che ha sempre profuso per il territorio, a partire da quel ‘terreno’ – la sanità – che conosce a menadito e che ha sempre provato a difendere. Il suo è un osservatorio privilegiato perché Pastore è stato ed è testimone diretto dei cambiamenti che hanno interessato la regione. Da quando il Veneziale era un ‘vero’ ospedale con i reparti funzionanti e i medici che volevano lavorarci perché sicuri di un percorso di crescita professionale ad oggi, con reparti che si reggono solo sulla caparbietà dei pochi camici bianchi che resistono affiancati dal personale infermieristico che soffre le stesse difficoltà. Da un territorio che non si arrendeva alle difficoltà alla fuga ormai inarrestabile di giovani che lasciano il Molise alla ricerca di un futuro, di un lavoro, di possibilità occupazionali in grado di rispondere alla loro formazione, agli studi, alle professionalità che esprimono. Purtroppo al di fuori dei confini regionali dove sanità quasi al lumicino, infrastrutture quasi inesistenti e possibilità quasi impossibili sono gli ingredienti di un declino lento e inarrestabile.
«Girando per il Molise – commenta Lucio Pastore – ci si accorge di come lo spopolamento stia incidendo in maniera drammatica sul territorio. Leggendo i dati statistici si parla di un 80% dei paesi a rischio di estinzione. Dispiace vedere borghi bellissimi sempre più vuoti, privi di servizi, con pochi giovani e bambini. Ma come è stato possibile, negli anni, amministrare una regione e non rendersi conto di quanto stava accadendo, del fatto che stia morendo?».
La diagnosi prima della cura, perché lo spopolamento è una malattia. «Per cercare di invertire questa tendenza e imprimere una spinta positiva – ragiona Pastore – bisogna chiedersi come mai si sia arrivati a questo punto. Nel dopoguerra si è sviluppata un’economia assistita. Infatti, i flussi di denaro provenienti da Roma, venivano intercettati dai politici locali per creare clientele, attraverso la moltiplicazione di posti di lavoro, indipendentemente dalla loro utilità, in assenza di un qualsiasi progetto organico di sviluppo della Regione. Si distribuivano risorse economiche solo per soddisfare le esigenze di controllo del territorio. Tutto ciò ha portato ad un miglioramento e a una crescita economica che aveva al suo interno la debolezza di dipendere costantemente da una mentalità clientelare, che poteva essere sostenuta solo da risorse economiche provenienti dal centro.
Quando l’erogazione di denaro, per diverse ragioni, è cominciata a diminuire, si sono progressivamente create le condizioni di decadenza del territorio. I politici selezionati nel tempo sono gli stessi che ritengono fondamentale il controllo clientelare, come fonte del loro potere. Anche quando si sono avuti flussi importanti di risorse, come il miliardo di euro stanziato dal governo Berlusconi dopo il terremoto, questi sono stati sprecati per acquistare navi da far marcire nel porto di Termoli o per distribuirli ad un insieme di clienti senza creare reali condizioni di sviluppo del territorio. Al tempo stesso la politica regionale ha determinato il progressivo degrado del sistema sanitario pubblico, dirigendo i fondi allocati dai governi essenzialmente verso i privati convenzionati, determinando il disastro attuale, dove il collasso finale del sistema pubblico è sempre più vicino, per l’impossibilità di dare risposte adeguate alle necessità di cure di una popolazione sempre più fragile.
I nostri figli sono costretti ad emigrare e non è un caso che i residenti attualmente tendano a scendere sotto i 290.000 abitanti.
Chi ha determinato questo disastro – sintetizza Pastore -, non ha avuto neppure il pudore di farsi da parte, ma si ripresenta alla popolazione come se fosse il nuovo che avanza.
Il Molise avrebbe bisogno di una nuova classe dirigente, capace di elaborare, proporre e realizzare un progetto diverso per il territorio. Se il cambiamento non avverrà in questa tornata elettorale, purtroppo, temo che non ci sarà alcuna possibilità di uscire dal declino. Chi ha portato il Molise a questo degrado non potrà farla risorgere. Sarebbe davvero importante riflettere su questo». Ed è una sorta di appello agli elettori quello di Pastore, un invito a ‘pensarci bene’ perché questa è davvero l’ultima possibilità da dare al Molise, ai suoi figli che sono andati via e a chi resta, nonostante tutto.