Troppi interrogativi, tutti al momento senza risposta. Il dolore di familiari e amici, colleghi di lavoro e conoscenti si fa più lucido, lascia spazio alle domande, alle ricostruzioni di ipotesi che potrebbero fornire una risposta alla tragica scomparsa della 34enne nefrologa in servizio al Veneziale, trovata senza vita nel monolocale del centro storico di Isernia la mattina del 14 agosto.
Gli inquirenti hanno aperto un fascicolo, al momento contro ignoti: un atto dovuto, per poter procedere con l’autopsia. E infatti, nelle prossime ore, la Procura conferirà il relativo incarico al medico legale. Ma non si esclude, però, che, dopo aver vagliato alcune posizioni, non possa esserci una iscrizione nel registro degli indagati per il reato di istigazione al suicidio.
Al momento però sono solo ipotesi perché sulla vicenda il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale di Isernia, Carlo Fucci, mantiene il più stretto riserbo.
Le indagini sono affidate ai carabinieri del Comando provinciale. Nell’immediatezza della tragedia gli uomini dell’Arma hanno ascoltato il proprietario del monolocale dove la dottoressa viveva, i vicini di casa, l’uomo il quale la 34enne, originaria di Sant’Elia a Pianisi, aveva una relazione.
E nel monolocale dove si è consumata la tragedia, che per tutti è inspiegabile, sono stati effettuati i rilievi per isolare elementi utili alle indagini.
Una vicenda avvolta da un fitto mistero: la nefrologa non aveva mai manifestato segni di disagio, unanime nelle dichiarazioni di chi la conosceva, dei colleghi del Veneziale e dei pazienti, l’incredulità perché era una persona serena che non avrebbe mai potuto arrivare un gesto così definitivo.
Difficile dunque spiegare quanto accaduto all’interno di quel piccolo appartamento, in una giornata di piena estate.

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