Confidano nel sindaco Piero Castrataro, che ha sempre mostrato attenzione e sensibilità. E che ha già assicurato che una soluzione, per il Caffè Alzheimer, sarà trovata in tempi brevi.
Nei fatti, però, a stretto giro l’associazione «Non ti scordar di me» non potrà utilizzare più quegli spazi in via Umbria, concessi in comodato d’uso gratuito per agevolare un percorso di sostegno destinato ai pazienti, ai loro care givers e alle famiglie in attesa di quello che ormai ha le fattezze di un miraggio.
Il Centro Diurno, promesso da tutti – Istituzioni e Asrem – e al momento assente sul territorio.
I locali del Caffè Alzheimer non saranno più disponibili perché dovranno essere utilizzati per esigenze scolastiche. Dal Comune arrivano rassicurazioni circa l’individuazione di un altro luogo dove continuare ad erogare servizi che sono prima di tutto di supporto, una sorta di ‘auto aiuto’.
Perché in quella sede ci si incontra, si tengono riunioni con medici, psicologi, fisioterapisti, assistenti sociali, musicoterapisti, ci si confronta sulle esigenze dei pazienti. Di chi non riconosce più il volto e la voce dei propri cari, di chi lentamente si spegne, di chi ha bisogno di tutto e si affida per tutto ai parenti più prossimi oppure a chi se ne prende cura.
Una sorta di microcosmo, quindi, dove ci si riconosce perché solo chi conosce l’Alzheimer può capire difficoltà, paure, dolore e rabbia.
Un percorso sanitario è indispensabile, soprattutto per chi comincia ad avvertire i primi sintomi: per questo le attività che dovrebbe erogare il Centro Diurno che non c’è se non a parole sono indispensabili.
Servono a rallentare l’avanzare della malattia, aiutano i familiari ad avvicinarsi ad una patologia che è devastante per tutti, che ha un impatto sociale devastante.
Isernia e la provincia ne sono sprovvisti, l’associazione «Non ti scordar di me» ha lavorato duramente perché il tema entrasse nell’agenda politica. Una raccolta di firme e poi la richiesta di incontri, di confronti, di ascolto da parte di chi deve dare il proprio via libera. Veri e propri presidi fisici davanti al Consiglio regionale quelli che Bruno Esposito, presidente dell’associazione, ha tenuto d’inverno e d’estate. Ogni martedì mattina, quando i consiglieri sono impegnati in Aula.
Dopo anni di attesa, uno spiraglio si era aperto con la individuazione dei locali di un’ala di Palazzo De Baggis, provvista tra l’altro di un giardino. I sopralluoghi, l’individuazione delle opere da realizzare per rendere la struttura adeguata ai fabbisogni. Un obiettivo a portata di mano, per il quale il Comune avrebbe investito le somme necessarie, un sogno che si è infranto quando si è scoperto (in maniera inaspettata) che quella struttura non è in possesso delle necessarie certificazioni antisismiche che sono alla base della possibilità di ottenere l’accreditamento.
Una doccia fredda, che però ha portato alla nascita del Caffè Alzheimer, un luogo dove cominciare a muovere i primi passi tutti insieme: pazienti e familiari, medici e esperti.
Poi, dal Comune, l’individuazione di un altro edificio, quello che ospitava gli uffici del V Settore nella zona dell’Acqua Sulfurea.
Sembrerebbe ci sia stato un sopralluogo ma non si hanno notizie sull’esito di tale visita.
E intanto i pazienti si aggravano, il costo sociale ed economico è tutto sulle spalle di figlie e figli, che vedono sfiorire i loro cari giorno dopo giorno. Che assistono impotenti.
Ma non è tutto: l’associazione «Non ti scordar di me» apre un’altra crepa nel discorso assistenza. Perché capita spesso che i pazienti Alzheimer abbiano bisogno di cure che non attengono specificatamente alla patologia di cui soffrono.
Ricoveri ospedalieri che non sempre consentirebbero la presenza di una persona che possa assistere il paziente che, ovviamente, ha esigenze assai diverse da quelle di tutti gli altri.
Perché ha bisogno di ritrovare il volto che a volte riconosce e i cui contorni diventano sempre più sfumati. Perché ha necessità di tutto, non può essere lasciato mai solo soprattutto se – e anche questo è un dato di fatto – esiste una normativa specifica che bisognerebbe rispettare soprattutto in considerazione che forse, stante i problemi di carenza di personale negli ospedali molisani, la presenza di un care giver sarebbe di aiuto per tutti.
Lo stabilisce il comma 5 dell’articolo 11 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 marzo 2021.
«Ma non è sempre così – commenta laconicamente il presidente Bruno Esposito -: mi è capitato personalmente, con mia mamma che è una paziente Alzheimer grave e conclamata. Ricoverata per dieci giorni al Cardarelli, alle dimissioni aveva piaghe da decubito sotto un piede che stiamo curando a nostre spese adesso a casa, con l’indispensabile sostegno di un infermiere che si occupa dell’assistenza domiciliare. Ma in quei dieci giorni non l’ho potuto assistere come la legge dispone. Avevo chiesto di poter indicare una persona di sesso femminile che si potesse prendere cura di mia madre, ricoverata in un reparto di sole donne. Non è stato possibile» racconta Esposito, in un misto di rabbia e sdegno. Ma mai di rassegnazione. Perché ha segnalato questo episodio ai vertici Asrem, nella fattispecie al commissario straordinario Evelina Gollo, circostanziando i fatti.
Tra l’altro, la Carta dei diritti delle persone con demenza, redatta dalla Federazione Alzheimer oltre venti anni fa, afferma tra le altre cose che la persona con demenza deve avere il diritto ad accedere ai servizi sanitari al pari di ogni altro cittadino. Ciò significa che i servizi devono prestare attenzione alle esigenze specifiche di chi ha la demenza. Per questi malati, infatti, salire su un’ambulanza, accedere a un pronto soccorso o a un ospedale può essere un’esperienza disorientante e spaventosa, che dovrebbe sempre essere affrontata con un familiare o un caregiver al fianco, che possa non solo controllarli ma anche rassicurarli e fare in modo che il tempo trascorso in ospedale sia il meno traumatico possibile.
La Federazione ha chiesto con forza alle Istituzioni di vigilare perché in ogni struttura sanitaria siano garantite alle persone con demenza l’assistenza e la tutela necessarie. E l’associazione «Non ti scordar di me» rilancia il tema con una proposta che non è affatto impossibile da realizzare.
«Riteniamo che ogni reparto ospedaliero debba riservare una stanza singola per i malati di Alzheimer, a tutela della loro dignità e per permettere la presenza continua di un care giver» la richiesta del presidente Esposito che, anche in merito a quest’altra emergenza, non è affatto intenzionato ad abbassare la guardia.
«Ho chiesto con una pec anche un incontro al presidente della Regione, Francesco Roberti. Così come ho fatto con chi lo ha preceduto. Il governatore deve sapere che la provincia di Isernia non ha un Centro diurno, che i nostri cari (600 i pazienti affetti da tale patologia censiti un paio di anni fa) sono invisibili da troppo tempo».
ls