Dimissioni per giusta causa e contestuale richiesta di risarcimento del danno: finisce così, nel modo peggiore, quello che avrebbe potuto (anzi dovuto) essere un rapporto professionale tra medico e azienda sanitaria regionale con, al centro, il paziente. In questo caso, pazienti donne. Un rapporto professionale che avrebbe dovuto dare concretezza al concetto di prevenzione, che avrebbe potuto erogare un servizio sanitario indispensabile sul territorio per la cura del tumore del seno.
Finisce così, con la comunicazione delle dimissioni per giusta causa, il rapporto di lavoro tra il dottore Ettore Rispoli e l’azienda sanitaria regionale del Molise.
Il dottor Rispoli resta in Molise, è da qualche ora al lavoro al Responsible Research Hospital, in largo Agostino Gemelli, a qualche centinaio di metri dall’ospedale del capoluogo regionale. Lì dove potrà fare quello che sa fare, quello per cui ha studiato, si è formato, si è specializzato: curare le donne, individuare prima che sia tardi la patologia oncologica, aiutarle nel percorso di cura, intervenire nel caso. Fare di tutto per restituirle alla loro vita.
La notizia, che non è una bella notizia per l’Asrem, ostaggio da tempo di una cronica carenza di professionisti, è nell’aria dal mese di luglio quando all’azienda arriva il preavviso di licenziamento del dottor Ettore Rispoli. Un gesto forte, conseguente ad una serie lunga di ostacoli che hanno cadenzato il rapporto professionale con l’azienda che si è fatto davvero tortuoso nell’ultimo anno.
È il 14 luglio quando Rispoli invia il preavviso di licenziamento, ai sensi della legge: tre mesi prima di lasciare l’azienda, il medico avverte della decisione ormai presa. Ci sono due mesi di ferie arretrate da conteggiare. Il contratto collettivo nazionale prevede che si possono accorciare i tempi quando non si creano disagi alla struttura. Ed è questo il primo nodo di questa vicenda.
Disagi alla struttura, Ettore Rispoli non ne avrebbe potuti creare perché, come rimarca il suo avvocato Vincenzo Iacovino che lo assiste in questo iter giudiziario, dal primo gennaio scorso (quindi da 9 mesi pieni), non esiste più l’attività ambulatoriale del Veneziale. Chiusa, senza nemmeno personale infermieristico.
Disagi alla struttura non avrebbe potuto crearne perché lo stesso dottor Rispoli non ha alcun accesso alla piattaforma che consente l’approvvigionamento del materiale sanitario indispensabile per le attività ambulatoriali. Nessuna possibilità di accesso nemmeno alle sale operatorie che il dottor Rispoli di solito organizzava con un minimo di preavviso per consentire a pazienti e famiglie di prepararsi a quello che di certo non è un momento facile.
Disagi alla struttura non avrebbe potuto crearne visto che non partecipa alle sedute operatorie per le patologie benigne.
Ma il medico che, assieme alla moglie Francesca Scarabeo, trent’anni fa (ai tempi del manager Sergio Florio, per contestualizzare gli eventi) ha dato vita al Veneziale alla Breast Unit, che ha effettuato migliaia di visite ambulatoriali anche nei centri della provincia, andando a cercare le donne per dare il giusto valore alla prevenzione e alla cura, che non si è mai risparmiato come evidenziano (se ce ne fosse bisogno) le centinaia di attestazioni di stima e ringraziamento che ha ricevuto in questi mesi, non voleva mollare la sua mission, quella che è alla base del giuramento di Ippocrate.
E così, mesi prima di inviare – con grande dispiacere – la lettera di preavviso di licenziamento, segnala ai vertici dell’Asrem che avrebbe potuto lavorare negli altri ospedali, che avrebbe viaggiato fin dove ce ne era bisogno, Termoli o Campobasso, per fare quello che sa fare.
Segnalazione che sembra sia rimasta senza alcun riscontro.
E così, dopo mesi di attesa e dopo giorni trascorsi a guardare il soffitto, la proposta del Responible Hospital e la decisione di accettarla.
Tre mesi di preavviso più due mesi di ferie arretrate: nessuna disponibilità da parte di Asrem nemmeno a trovare una soluzione. Perché, si domandano gli addetti ai lavori. Comunque il dottore viene pagato ogni 27 del mese anche se l’ambulatorio è chiuso, anche se non può entrare in sala operatoria. Quale il vantaggio di tenerlo fermo? Meglio liberarlo prima e risparmiare pure.
E qui si apre un capitolo interessante: se Rispoli lascia prima, porta con sé le pazienti che segue che, ovviamente non cambieranno medico. E così, si chiedono i beneinformati, la Breast Unit potrebbe perdere il requisito della casistica necessaria perché possa esistere? Negli anni passati, una ottantina dei nuovi 150 casi necessari per tenerla in piedi sono stati direttamente conseguenti alle attività del dottore Rispoli che, in questi mesi, ha continuato ad effettuare le attività al Consultorio. Questioni di performance, quindi?
È il primo di ottobre, 15 giorni dopo la scadenza dei tre mesi di preavviso. Nessun cenno da parte di Asrem per individuare una soluzione che consentisse a Rispoli di lasciare prima l’azienda, rinunciando di fatto ai due mesi di ferie arretrate. Il medico perde la pazienza: verifica con il suo legale quale l’iter da seguire, si dimette per giusta causa e dichiara guerra all’Asrem. Che è quella del passato, quella di Florenzano e Gollo, visto che questa vicenda parte da lontano.
«L’Asrem perde un altro bravo medico e i molisani l’opportunità di adeguate cure – commenta l’avvocato Vincenzo Iacovino -. La sofferta decisione dopo una serie di inadempienze eccepite dal medico all’azienda. Mortificato ed esausto, il dottor Rispoli lascia l’azienda sanitaria regionale per non aver potuto svolgere correttamente le funzioni e mansioni, riservandosi ogni azione a tutela della sua immagine e della sua professionalità. La gestione dell’Asrem – incalza l’avvocato Iacovino – è ormai allo sbando e assistiamo giornalmente allo scadimento della sanità pubblica non più in grado di assicurare i servizi minimi e indispensabili per garantire il diritto alla salute dei cittadini. E ciò nonostante le centinaia di milioni rimessi dal Servizio sanitario nazionale e munti ai cittadini tramite l’Irap. Servono interventi urgenti e immediati, che pongano fine a questo stato di fatto vergognoso, umiliante e mortificante per il quale la Procura ha il dovere di intervenire».
Il telefono del dottore Ettore Rispoli squilla in continuazione. Pazienti, familiari ai quali è stata restituita serenità, donne che hanno trovato un medico attento, sensibile e mai troppo occupato per le mille domande che c’erano da porre, vogliono ringraziarlo. L’unica telefonata che non è mai arrivata è quella dell’Asrem. Ma adesso è troppo tardi.