Si infiamma di nuovo il clima politico, in città, dopo la presa di posizione netta e ufficiale della consigliera comunale Elvira Barone, che – come riportato ieri su queste colonne – ha definitivamente rotto con il Movimento 5 Stelle in polemica con i vertici provinciali e regionali del partito, lasciando allo stesso tempo anche la maggioranza di Palazzo San Francesco attaccando in particolare il sindaco Piero Castrataro, a suo dire dopo due anni di insofferenza dovuta decisioni non condivise – l’ultima in ordine di tempo quella relativa al turn over in Giunta che ha visto fuoriuscire dal Consiglio l’ormai ex assessore Domenico Di Baggio – e un rapporto di fiducia ormai interrotto.
Tra i due si è scatenato un botta e risposta, dopo le esternazioni di Barone dei giorni scorsi. È intervenuto dapprima il sindaco: «La consigliera Elvira Barone sceglie di lasciare la maggioranza e passare al gruppo misto. Una notizia che, in questi termini, è stata notificata al Comune, senza spiegazioni che, evidentemente, si è preferito affidare alla stampa ricalcando quella scarsa inclinazione al confronto che contraddistingue tale genere di comportamento – ha esordito Castrataro -. Non certo una sorpresa, comunque, ma la naturale evoluzione di un percorso di distacco che ha portato, nel tempo, la stessa consigliera Barone ad anteporre la strada della critica fine a se stessa e del dissenso a quella del dialogo costruttivo e propositivo.
Comportamento, a tratti ambiguo, finalmente sfociato in una chiara presa di posizione – prosegue il primo cittadino -. Una scelta che, a mio avviso, certifica l’allontanamento della diretta interessata anche da tutti gli obiettivi dell’amministrazione comunale e da tutte le iniziative e i progetti già attuati e da quelli in fase da attuazione, che stiamo portando avanti nell’interesse della città e nel rispetto del nostro programma elettorale.
Iniziative e progetti nei quali i cittadini hanno riposto fiducia e ai quali stanno partecipando attivamente tutti gli esponenti della maggioranza consiliare che hanno a cuore la nostra città. Continueremo in questa direzione, ascoltando tutti e recependo le istanze che provengono dal territorio, nel rispetto del mandato conferitoci dai cittadini che hanno abbracciato il nostro progetto politico. Abbandonare questo progetto, ritengo, corrisponda a tradire la volontà popolare. Ma di questo si assumerà la responsabilità la stessa consigliera Barone – afferma -. Dal canto mio posso assicurare che le sue proposte per una migliore vivibilità cittadina, poche a dire il vero, troveranno seguito nella nostra attività amministrativa.
Vado oltre le accuse strettamente politiche sull’assegnazione di cariche e ruoli. A questi discorsi ho sempre anteposto il lavoro, l’impegno, l’abnegazione alla causa che, per me, resta una causa di servizio per la comunità. Mi rattrista che non tutti possano intenderla allo stesso modo».
Il sindaco, infine, ha concluso augurando alla consigliera Barone di «continuare a mettere sempre le sue competenze a disposizione della città, a prescindere dal gruppo consiliare di appartenenza e confidando in una sua maggiore partecipazione alla vita amministrativa nei luoghi preposti, più che nei salotti virtuali».
A conferma dei nervi tesi tra le parti, a stretto giro, è arrivata la risposta della stessa consigliera. «Le considerazioni del sindaco in merito alla mia legittima decisione di prendere le distanze dalla maggioranza e dal Movimento 5 stelle mi lasciano senza parole – tuona -. Sono io quella che ha tradito la volontà popolare ma, dimentica il sindaco o fa finta di dimenticare, che per ben due volte ha cacciato due suoi assessori per motivi che non sono ancora chiari. Per il sindaco, quindi, io non posso decidere della mia attività politica perché così tradisco i miei elettori. Lui invece può cacciare due professionisti eletti, i più votati, e non tradisce la volontà degli isernini che li hanno scelti – incalza -. Resto interdetta anche di fronte alle parole con le quali ha commentato la mia decisione, legittima e maturata in piena libertà, di non voler più sostenere più la maggioranza silenziosa e silente del Comune. Quando non si hanno argomenti, si passa alla denigrazione e agli attacchi scomposti. La mia attività politica in questi due anni è stata di certo superiore a quella di molti dei suoi consiglieri che troppo spesso alzano solo la mano: il reddito di libertà per le donne vittime di violenza, le strisce rosa per le donne in attesa e le neo mamme, il dibattito culturale pubblico sulla Shoah, la sistemazione del manto stradale di via Lorusso, gli autobus scolastici per la scuola di S. Lazzaro, la piantumazione di alberi in due scuole della città in occasione della giornata mondiale degli alberi, l’iniziativa sul dono sospeso – spiega Barone -. Attività politica di una semplice consigliera e, ricordo al sindaco, che ho dovuto faticare e non poco per portare questi temi in Aula.
Sinceramente non credo che il contenuto e il tono delle parole di Castrataro appartengano ad un sindaco che si professa progressista. Ho trovato alcune sue parole denigratorie e offensive, eppure ho solo esercitato un mio diritto – afferma la consigliera passata al gruppo misto -. Ho scelto liberamente di non appoggiarlo più: un mio diritto ma anche un dovere, perché ascolto tanti cittadini delusi, che non hanno trovato risposte nella azione politica che assieme alla Giunta e alla maggioranza sta portando avanti.
Sfido il primo cittadino a farsi giudicare oggi dagli elettori: chissà che la realtà non diventi assai diversa da quella che lui racconta» – conclude con una provocazione politica.
Intanto, in ordine alla vicenda che ha aperto l’ultima frattura in seno alla maggioranza progressista, quella che ha visto fuoriuscire dall’assise comunale l’ex assessore Di Baggio, una sentenza del Consiglio di Stato (la numero 2071 del 28 febbraio 2023) che riguarda i provvedimenti di revoca degli assessorati potrebbe clamorosamente aprire a nuovi scenari.
Stando alla sentenza, infatti, gli atti di nomina e di revoca degli assessori comunali non rientrano nella categoria degli “atti politici” ma mantengono la natura di “atti amministrativi” pur essendo denotati da ampia discrezionalità: per questo, sono sottoponibili al sindacato giurisdizionale. Un’eventuale assenza di motivazione, una motivazione non aderente alla situazione di fatto accertata nel corso del giudizio o un ipotetico eccesso di potere, sotto il profilo della illogicità o irragionevolezza del provvedimento impugnato, potrebbero quindi comportare l’illegittimità del provvedimento di revoca dell’incarico assessorile. A questo punto, verrebbe da dire quindi che non è detta l’ultima parola sul caso Di Baggio. E forse che a Palazzo San Francesco le acque non sono mai state così agitate.