Partenza col botto per “Lettera 423”, il Festival della Lettura promosso dall’assessorato alla cultura del Comune di Isernia e iniziato lo scorso mercoledì pomeriggio con un’anteprima di enorme successo. Nel chiostro di Palazzo San Francesco, bagno di folla per Sigfrido Ranucci, uno dei più importanti giornalisti di inchiesta del Paese. Autore e conduttore di “Report”, Ranucci nel capoluogo pentro ha presentato il suo nuovo libro, “La sfida”, una raccolta di inchieste che testimonia la difficoltà di dire la verità in Italia a mezzo stampa, soprattutto quando la verità si avvicina al potere.
Non a caso, il giornalista della Rai vive da anni sotto scorta, ovvero da quando un boss della ‘Ndrangheta era stato intercettato in carcere a Padova mentre assoldava due killer per uccidere proprio Ranucci. Intervistato dal giornalista isernino Carmine Gazzani, a margine del suo intervento Ranucci ha parlato anche del suo rapporto con il potere.
Lo ha fatto aprendosi al pubblico, raccontando aspetti della sua vita professionale, e mettendo in evidenza tante cose che non sono affatto scontate per chi conosce, segue, svolge il mestiere del giornalista.
«A chi dice che sono ossessionato dal centrodestra ricordo che il maggior numero di inchieste che abbiamo fatto riguarda il povero Speranza. Nove addirittura sul piano pandemico – dice -, Sono stato accusato di essere vicino ai servizi segreti cinesi, poi abbiamo mandato in onda l’inchiesta sulle telecamere Vision che comunicavano in Cina. Sono stato accusato di essere un uomo dei servizi segreti russi per il caso Marco Mancini, poi è uscita la nota di Lavrov, Ministro degli Esteri russo, che mi ha tacciato come nemico del Cremlino perché avevamo fatto delle inchieste sul Governo Conte che aveva consentito la missione russa ai tempi del Covid, e poi in realtà serviva per ficcare il naso nelle basi Nato. Ecco, io mi reputo una persona indipendente, ho le mie idee, una notizia non ha un colore politico, non è legata all’opportunismo, una notizia o è vera oppure è falsa, e quando è documentata ed è di interesse pubblico, sono abituato a darla. Credo che l’indipendenza sia uno stato dell’anima».
Sulla situazione che contraddistingue attualmente il giornalismo d’inchiesta in Italia, ha aggiunto: «Ho notato che in questo momento storico c’è una ritrosia da parte di esponenti del Governo ad accettare le inchieste giornalistiche. Abbiamo accumulato il record mondiale di politici che hanno denunciato giornalisti, e molti sono esponenti del Governo».
Ma Ranucci ha allargato anche la prospettiva al continente europeo: «Nel nostro continente, in questi ultimi anni, abbiamo visto morire cinque giornalisti che indagavano sulla corruzione tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. Ecco, a distanza di anni non sono stati trovati ancora i colpevoli».
Poi quei numeri che fanno riflettere: «In Italia ci sono oltre 250 giornalisti che vivono sotto tutela per il tipo di lavoro che fanno, 22 sono sotto scorta – ha spiegato -. E stanno per essere approvate tutta una serie di leggi liberticide che prevedono il carcere per i giornalisti che diffondono notizie illecitamente raccolte. Onestamente, non penso che i giornalisti facciano i ricettatori. I giornalisti pubblicano una notizia se è di interesse pubblico. Penso a quei colleghi dei consorzi di giornalismo investigativo internazionale: mentre negli Stati Uniti sarebbero premiati col Pulitzer, qui in Italia rischierebbero il carcere. Ma ci sono anche altri provvedimenti che stanno per essere approvati, che prevedono ad esempio di non poter dire i nomi degli arrestati. Oppure, quando nel 2025 verrà approvata la legge Cartabia sull’improcedibilità, si renderà possibile all’imputato che esce da un processo di rendersi completamente anonimo nei confronti della collettività»
Tra aneddoti, racconti anche squisitamente personali e commoventi, infine Ranucci ha rivolto un invito ai giovani giornalisti: «Fate giornalismo di inchiesta, perché le inchieste danno coraggio a chi le fa, ma anche speranza a chi le ascolta».
Da qui, il giornalista di Report ha avvertito la necessità di raccogliere tutto in un libro che lui stesso ha definito «un atto d’amore per la libertà di stampa e per la resilienza che si impiega per difenderla».
Insomma, è partita alla grande la terza edizione di “Lettera 423”, kermesse di enorme successo che quest’anno si è guadagnata anche un posto al Salone internazionale del libro di Torino, e che porta la firma dell’amministrazione e dell’assessore Luca De Martino. Ma quello con Sigfrido Ranucci era solo un appuntamento del prefestival, visto che le iniziative e gli ospiti in città saranno moltissimi da qui ai prossimi giorni.
Il carismatico conduttore di Report, però, ha travolto il pubblico con i suoi racconti e con le sue migliori inchieste. «Grazie a “Lettera 423”, abbiamo toccato con mano il coraggio di un giornalista che vive sotto scorta per aver raccolto informazioni, ascoltato voci e raccontato storie che non tutti hanno l’audacia di portare oltre il muro del silenzio – ha commentato il sindaco Piero Castrataro -. Grazie Sigfrido per il prezioso contributo offerto oggi alla nostra comunità e a tutti coloro che hanno ancora a cuore i valori di giustizia e legalità. Ѐ questo il giornalismo che ci piace, quello che parla la lingua della verità!» – ha concluso il primo cittadino.

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