L’ordinanza sindacale che prevede restrizioni per la diffusione sonora sul territorio comunale divide l’opinione pubblica in favorevoli e contrari. Molti residenti ritengono che essendo stata spenta la musica a mezzanotte in settimana e all’una nel weekend, è aumentato il decoro urbano, soprattutto nei vicoli più nascosti, ed è migliorata la qualità della vita perché finalmente nel centro storico si dorme. Altri cittadini, invece, ritengono che l’ordinanza sindacale acceleri il processo di spopolamento del borgo antico, processo peraltro già in atto da tempo. La questione è spinosa: mettere tutti d’accordo è probabilmente un’impresa impossibile.
Nelle interviste realizzate tra i cittadini dal collega Nicola De Santis per Teleregione, c’è chi dice infatti che a Isernia «non c’è niente, non fanno niente, non ci sono attività». C’è chi, di rientro da Milano, si gode la città per il periodo estivo, e si dice favorevole alle emissioni sonore. Chi, invece, sostiene che mettere musica fino all’una sia troppo tardi.
«Oramai Isernia è diventato un cimitero – dice un altro residente -, perché bisogna andare a casa a mezzanotte, tutto questo non è giusto per i giovani. Quella di controllare i decibel, a mio avviso, è un’arma a doppio taglio. Poverini loro che pagano le tasse, mi dispiace per loro – afferma in riferimento agli esercenti -. Se io fossi un commerciante non pagarei più niente, chiuderei all’istante, subito».
C’è anche chi è sconsolato, in linea generale, per l’andamento delle iniziative in città: «Purtroppo qui è così – sostiene un altro residente -. Prima si parte con una cosa, poi finisce tutto».
E c’è chi, al di là della musica, va forse più a fondo e tocca il nocciolo della questione, che è quella del decoro. «Isernia sta quasi morendo – è il grido d’allarme di un’altra abitante del centro storico -. Ci vuole un po’ di vita, un po’ di allegria. Non penso che questo faccia male a nessuno. Tenere il volume alto fino alle 5 di mattina certo che no, certo che dà fastidio, perché c’è gente che deve andare a lavorare e giustamente si ribella. Però fino all’una, anche fino all’una e mezza non è un problema grave. Il problema vero è che non ci sono controlli. Perché i giovani dopo aver bevuto lasciano bottiglie, cicche e vomito dappertutto. E questo onestamente non va bene, ma non dipende dall’amministrazione. Dipende dal singolo cittadino di essere educati, avere rispetto per la cosa pubblica, è una questione di amore e dignità per il proprio paese».
Che la questione sia legata prevalentemente al decoro lo conferma anche un’altra residente: «Quando c’era tutta quella confusione qui non si poteva scendere la domenica, tra vomito, bisogni vari. Io abito qui. Però da quando ci sono state delle restrizioni, noi qui non abbiamo più trovato siringhe, bottiglie di metadone nelle piante. Perché spesso abbiamo trovato anche questo nei vasi sotto casa».
Opinioni differenti, dunque, perché cambiano – forse – i punti di vista: c’è chi al centro mette la necessità di dare alla città un orizzonte di vitalità, che sia essa anche economica, a partire dal centro storico e dai locali che convivono già con importanti difficoltà dettate dal contesto molisano caratterizzato da uno spopolamento che corre sempre di più; chi convive con degrado, sporcizia e inciviltà e chiede solo di vivere in un ambiente più sano e sicuro; chi si pone nel mezzo, tra le necessità dei residenti e quelle di esercenti e giovani. Punti di vista che non necessariamente devono trovare una convergenza, ma che nella soluzione recentemente adottata dal primo cittadino Piero Castrataro, potrebbero trovare più equilibrio rispetto al passato.