Capita alle volte in Italia che si finisca in prima pagina quando dalla procura giunge l’avviso di garanzia. S’arriva sulle colonne della cronaca come indagato. Poi, magari arriva l’archiviazione, ma quella passa inosservata. Sembra una banalità, ma quando tocca nel vivo fa davvero male. Questo è quanto successo a Mario Carano, ingegnere isernino e amministratore della Geco spa, una bella realtà tutta molisana che s’è messa in mostra pure all’estero. Ora l’indagine a suo carico è stata archiviata.
Era il 2010 quando il suo nome è finito tra quelli iscritti nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sull’ospedale di Cona, in provincia di Ferrara. Lui, titolare di una delle ditte che si stava occupando dei lavori, s’è trovato a fare i conti con la giustizia che arriva prima sulle pagine dei giornali e poi nelle aule di tribunale. E lui sui quotidiani c’è finito, eccome. Li legge attentamente e non comprende come sia possibile vedere il nome accostato all’inchiesta, all’accusa di truffa. Poi a febbraio la procura della Repubblica di Ferrara, la stessa che ha condotto le indagini, chiede l’archiviazione per venti delle persone che inizialmente erano state iscritte nel registro degli indagati. In quel decreto c’è pure il suo nome: il gip ha accolto la domanda e la posizione è stata archiviata.
Tutto era iniziato con un’inchiesta per una presunta truffa all’azienda sanitaria di Ferrara e legata all’ospedale di Cona, un’opera venuta su con tempi biblici. E sulla quale, sospetta la procura, c’è pure una tentata truffa di mezzo. Indagano gli inquirenti, lo fanno per due anni, fino a quando si arriva a stringere le fila di quanto accertato. Ci sono delle posizioni che vanno valutate a parte perché per loro non esistono elementi per procedere, non c’è reato. E Mario Carano figura in questo elenco di persone per le quale il processo non partirà mai: è la stessa accusa a non volerlo.
L’ingegnere isernino, finito sui giornali molisani come su quelli emiliani, non riesce a capire perché, “nemmeno fossi il mostro da sbattere in prima pagina”. Attende, però. Fino alla fine di febbraio, quando la posizione è archiviata e l’inchiesta alle spalle. Un incubo dal quale sembra possibile svegliarsi. Alle spalle, però, tante macerie. La Geco spa, invece, è ancora in piedi e cammina ben salda sulle proprie gambe.