L’Università degli Studi del Molise in queste ore sta organizzando il trasferimento dell’intera struttura universitaria dalla sede di via Mazzini a Isernia all’immobile di Pesche. Entro il 31 gennaio, data di chiusura del primo semestre accademico, l’ateneo molisano riconsegnerà alla Curia le chiavi dell’ex seminario vescovile. Dai primi giorni di marzo, in concomitanza con l’apertura del secondo semestre, i corsi di scienze della politica e dell’amministrazione e di scienze politiche e delle istituzioni europee si svolgeranno a Pesche. Un colpo ferale per il centro storico di Isernia già alle prese con lo spopolamento dei residenti e con una feroce crisi economica. Perde la sede universitaria di via Mazzini significa rinunciare a circa duecento persone, tra studenti, professori e dipendenti che frequentavano l’ex seminario vescovile movimentando l’economia del borgo antico. Il processo è ormai irreversibile e a nulla servirà il consiglio comunale monotematico sull’argomento chiesto dalla minoranza per il 20 gennaio. I vertici dell’ateneo stanno incontrando studenti e professori che afferivano alla sede di Isernia per valutarne le necessità e rendere così indolore il trasloco. Di sicuro sarà necessario potenziare i collegamenti tra Isernia e Pesche per agevolare le persone che usano i mezzi pubblici per gli spostamenti. Dunque sulla decennale storia d’amore tra l’Unimol e la città di Isernia stanno per scorrere i titoli di coda. Un logorio nel rapporto iniziato col trasferimento della segreteria amministrativa a Pesche e culminato con lo stanziamento di fondi da parte del Comune a beneficio de La Sapienza per istituire un polo infermieristico all’interno dell’auditorium. Questo è stato il casus belli ma è chiaro che il Comune non dispone dei fondi necessari per pagare il fitto alla curia per i locali di via Mazzini ed il rettore Palmieri, per questioni economiche, logistiche e d’opportunità aveva già da tempo rinunciato all’ex seminario vescovile. Le uniche vittime di questa guerra sono gli esercenti coraggiosamente rimasti nel centro storico che da febbraio vedranno diminuire ulteriormente i propri già magri guadagni.