«Quando esistono delle problematiche è necessario farle emergere e risolverle immediatamente». Ne è convinto il presidente del Tribunale di Isernia Vincenzo Di Giacomo al lavoro per trovare soluzioni in grado di fare fronte alla criticità che in questi giorni si sta registrando a Palazzo di Giustizia, legata alla presenza di gas radon accertata dall’Arpa Molise nei locali che ospitano l’archivio.
Per questo ieri mattina si è tenuto un nuovo summit, al termine del quale si è deciso che le stanze del piano seminterrato resteranno ancora interdette al pubblico, fino a quando non si stabilirà il da farsi.
Al vertice hanno partecipato tecnici e geologi insieme a esponenti delle organizzazioni sindacali. Tra loro Vincenzo Giovine, vicepresidente e coordinatore della Commissione Ambiente del Consiglio nazionale dei geologi, considerato uno dei massimi esperti in Italia in materia di radon. «In primo luogo – ha affermato – occorre conoscere la natura e la struttura del problema che è sorto. Come in tutte le situazioni esistono dei sistemi anche relativamente semplici per poter abbattere i livelli del gas radon. Si tratta in sostanza di sistemi di aspirazione o di pressurizzazione, che eviti la risalita del gas direttamente dal terreno. È chiaro – ha poi evidenziato – che occorre avere una buona conoscenza della situazione, attraverso un monitoraggio che possa permettere di verificare in quali punti c’è maggiore concentrazione di radon. Poi, attraverso una buona conoscenza del fabbricato, è possibile con interventi mirati dissipare il gas e riportarlo al di sotto delle soglie di sicurezza». Il geologo molisano Domenico Angelone, tesoriere dell’Ordine, ha invece spiegato perché il radon può rappresentare un pericolo serio per la salute. «Si tratta di un gas nobile presente nelle rocce – ha affermato -. In alcune situazioni geologiche particolari può essere rilasciato dai terreni, interessando le strutture in genere nei piani più bassi. I problemi connessi alla salute sono legati alla sua attività di gas radiogenico, quindi una esposizione prolungata a questo gas può portare problemi, anche seri, di tipo respiratorio. Va precisato che l’incidenza dell’insorgenza di queste malattie è legata al periodo di esposizione. Nei luoghi frequentati una tantum il problema non è così grave e può essere facilmente superato».
E proprio per scongiurare possibili pericoli per la salute dell’utenza, Di Giacomo ha annunciato che chiederà di eseguire accertamenti simili anche negli altri uffici dai lui diretti. «Quando sono divenuto titolare di questo tribunale nel 2016 – ha ricordato -, ho avviato indagini a 360 gradi in relazione a tutta una serie di problematiche di questa struttura e anche dell’ufficio del Giudice di Pace che, come è noto, accogliendo la mia richiesta, di recente è stato chiuso per l’insalubrità degli ambienti. Accertamenti che sono stati eseguiti a tutela dei lavoratori e di tutta l’utenza. Il problema del radon rientra in questa serie di problematiche. Nel 2016 ho chiesto ad Arpa e Asrem di eseguire accertamenti specifici, sollecitando più volte tale richiesta, E finalmente l’Arpa ha effettuato le analisi, constatando la presenza di radon negli archivi che ho provveduto a chiudere lo stesso giorno in cui ho ricevuto la relazione dei tecnici».
Alla riunione di ieri mattina ha partecipato, in rappresentanza dei sindacati anche Sebastiano Marino, coordinatore Giustizia della Cisl Fp Abruzzo e Molise. «Il nostro obiettivo – ha sottolineato – è tutelare tutti i lavoratori che frequentano il Palazzo di Giustizia. Appresa la notizia abbiamo chiesto di inibire l’accesso ai locali dell’archivio previa bonifica e relazione dell’Arpa. Abbiamo stilato una relazione e la problematica va risolta seguendo l’iter legislativo. La Cisl è il sindacato delle proposte e non dei conflitti». E per il consulente della Cisl Francesco Di Francesco «si dovrebbe inibire l’accesso all’archivio per poi coinvolgere tutte le figure responsabili nella gestione della sicurezza, per trovare le soluzioni migliori per la risoluzione della problematica in essere. Un’ipotesi potrebbe essere quella di trasferire l’archivio in un’altra sede in modo da eseguire le bonifiche necessarie all’interno dei locali e poi risolvere contemporaneamente le altre criticità».
Deborah Di Vincenzo

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