«Se ognuno di noi fa qualcosa, qualcosa di bello succederà». Così don Maurizio Patriciello ha salutato gli studenti di Isernia che ieri mattina hanno gremito l’Aula Magna di via Mazzini per l’incontro con il prete di Caivano organizzato da Palmina Giannini, fondatrice del Comitato Balestrazzi, e dal giornalista scrittore Paolo De Chiara dal titolo: ‘Per amore del mio popolo – democrazia e legalità’. Il parroco nato a Frattamaggiore con una vocazione arrivata a 30 anni, dopo il lavoro come caporeparto in un ospedale, ha chiuso il dibattito nato con i ragazzi utilizzando la frase di don Pino Puglisi, il parroco ucciso dalla mafia, per riempiere il loro cuore di speranza, la speranza che «se ognuno farà la propria parte le cose cambieranno sul serio». Il suo, anche nella parte iniziale, non è stato un monologo. Ha aperto i lavori, infatti, con una domanda: «Chi è un camorrista?», ottenendo il silenzio per prendere il tempo necessario a organizzare una risposta. Ma lui ha non ha aspettato e ha detto: «Non vi scervellate, basta rispondere è n’omm e nient (uomo da niente), un vigliacco, il suo destino è segnato: o morto o in galera. Il male è banale». Poi ha raccontato di quei quartieri ghetto, nati nell’hinterland del napoletano dopo il terremoto dell’80, e degli “scagnozzi dell’antistato” che hanno occupato le case lasciate libere da chi è andato via. «Io abito lì – ha detto don Maurizio Patriciello – e sono felice. Tutti mi conoscono come ‘il prete della munnezza’, ma non sono un prete ambientalista e non sono un prete anticamorra, voglio tenere alta l’attenzione su problemi che interessano tutti. Nessuno può bearsi se nel piccolo comune in cui vive le cose vanno bene, dovete essere strabici e, quindi, con un occhio guardare la realtà locale e con l’altro quella globale. Se nel 2050 mangeremo la frittura di plastica e non di pesce, poiché i mari sono invasi da spazzatura, il problema è di tutti noi. Come pure la terra dei fuochi non è un problema solo della Campania». Da qui l’appello a tutti i ragazzi «a impegnarsi in prima persona per cambiare le cose. Solo se tutta la società civile si muove riusciremo a ottenere qualcosa. Questo è il momento anche per voi che non siete futuro, ma già siete il presente. I politici tendono sempre a rinviare a domani, noi dobbiamo far sentire che ci siamo». Tante le domande che i ragazzi hanno rivolto a don Maurizio che ha paragonato la droga a «un leone, con lui non si scherza come non dovete scherzare con la droga». A margine dell’incontro, un passaggio anche sul diritto alla salute: «Fate qualcosa affinché l’ospedale di Isernia non chiuda». E, infine, bagno di selfie per immortalare l’incontro con un sacerdote che è riuscito a interessare una platea di adolescenti.