Se c’è una colpa, nella storia del mancato funerale nella chiesa del quartiere San Lazzaro, è addebitabile solo ad un eccesso di attenzione che il parroco ha inteso avere nei confronti della comunità. Non ci sta don Domenico, il sacerdote che guida la parrocchia di San Giuseppe Lavoratore, a finire nel tritacarne mediatico né, soprattutto, a passare per un parroco che si è tirato indietro nel momento del bisogno di una sua parrocchiana, deceduta per Covid, non celebrando il suo funerale. «In questa vicenda io ho avuto contatti con l’agenzia funebre che si è occupata di tutto – spiega con cortesia al telefono – ma ho spiegato che, dopo aver avvertito il Comune come da prassi, avrei tenuto una cerimonia funebre senza feretro e con poche persone. E ho chiesto che dopo le esequie, si procedesse alla pulizia della chiesa». I cluster scoppiati proprio in occasione di riti funebri preoccupano e non poco don Domenico. Un altro caso come quello che ha coinvolto la comunità di Castelpetroso proprio no, la sintesi del ragionamento. Ma il sacerdote chiarisce: io con la famiglia della defunta non ho parlato proprio, ho illustrato le procedure da adottare ai referenti dell’agenzia che si è occupata del funerale. «Faccio la benedizione e poi la messa senza il feretro» insiste, nel raccontare come sono andati i fatti. Tra l’altro «non sapevo nemmeno chi fosse la defunta, dove si trovasse il corpo. Solo dopo ho saputo che era morta in ospedale, dove avrei dovuto fare la benedizione?» si chiede. La decisione assunta dalla famiglia, continua, gli è stata comunicata con un messaggio vocale del titolare dell’agenzia funebre che ha curato tutte le pratiche. «Ma io non ho rifiutato di tenere la cerimonia funebre né di benedire il corpo». Ha messo dei paletti don Domenico, a tutela delle persone che frequentano la chiesa «e qui – continua – vengono da tutte le parti, io non so mica chi entra».
