«La Repubblica Federale di Germania, quale successore del Terzo Reich, è responsabile dell’uccisione di Laurelli Giuseppe, Lancellotta Celestino, Lancellotta Domenico, Petrarca Michele, Castaldi Giuseppe e Castaldi Vincenzo, avvenuta in Fornelli il 4 ottobre del 1943». Nero su bianco la Storia, con il suo carico enorme di dolore e morte, torna e risuona nell’aula del Tribunale di Isernia. Riceve giustizia. È Fabio Papa a firmare la sentenza di condanna della Repubblica federale di Germania, del Ministero delle Finanze e del Ministero degli Esteri che, in solido tra loro, dovranno risarcire gli eredi di quell’eccidio, della barbarie che ebbe luogo nel borgo di Fornelli. Una cifra astronomica, difficile persino fare la somma con la calcolatrice. Saranno risarciti il Comune di Fornelli e tutti gli eredi dei civili che, in quel terribile giorno, alle 11 del mattino, dopo una notte di torture, vennero impiccati. C’era anche il papà di Giose Lancellotta, che oggi ha 92 anni, fra le vittime di una vera e propria rappresaglia messa in atto dai nazisti. Ieri pomeriggio la notizia della sentenza è stata comunicata al nipote Slavi che ha portato avanti la battaglia assieme agli altri eredi e con il conforto di quel nonno che non ha dimenticato, che gli ha sempre raccontato di quei giorni d’inferno, quando anche lui stava per perdere la vita. «Mio nonno che allora era un adolescente – spiega con estrema cortesia Slavi Lancellotta – fu preso dai tedeschi, lo torturarono e poi tentarono di appiccare fuoco al suo corpo cosparso di benzina. Il mio bisnonno, invece, era un infortunato della Prima guerra mondiale, per questo era a Fornelli. Un imprenditore, un civile come tutte le altre vittime della barbarie. I nazisti – spiega, mutuando i ricordi del nonno – stavano facendo razzia delle pecore dei nostri pastori, la gente era stufa e si ribellò. Una bomba a mano ne uccise due e scattò la rappresaglia». I sette uomini vennero presi, torturati e poi impiccati. «Il mio bisnonno restò a casa quando cominciarono il rastrellamento, era un infortunato e non poteva scappare. Disse ai figli di andare via ma mio nonno rimase lì». Giose ha appreso ieri sera della sentenza, ha spalancato gli occhi che hanno visto l’orrore ma anche la rinascita, che hanno conosciuto figli e nipoti, che hanno assaporato la vita e ha detto: «Dei soldi non mi interessa nulla, è il riconoscimento per aver perso mio padre». Certo, fare il conto del maxi risarcimento è davvero complicato ma, come ha detto nonno Giose, «se li avremo, potremo aiutare chi ha bisogno». Una sentenza storica, firmata dal giudice Fabio Papa, che rende giustizia al podestà dell’epoca Giuseppe Laurelli, a Giuseppe Castaldi, a Vincenzo Castaldi, a Celestino Lancellotta, a Domenico Lancellotta (il bisnonno di Slavi Lancellotta, ndr) e a Michele Petrarca. La battaglia per la verità che la Storia non ha mai chiarito fino in fondo è terminata: la ricostruzione minuziosa di quanto avvenuto quel giorno lontano, dell’eccidio compiuto ai danni di sette civili, adesso può essere raccontata a tutti. «Esce dall’armadio della vergogna di Napoli – spiega ancora Slavi – dove sono stati conservati per decenni i fascicoli che raccontavano i crimini compiuti dai nazifascisti in Italia negli anni della Seconda Guerra Mondiale». Oltre tredicimila pagine che testimoniano i reati più gravi commessi sul territorio nazionale a danno di migliaia di cittadini ma tenute occultate per anni prima che tornassero alla luce per mano di un giornalista de L’Espresso. E da ieri quelle pagine di una storia dimenticata, accaduta in un piccolo borgo del Molise, sono ufficialmente fuori da quell’armadio.
ppm