Da donna, per dna, va dritta al punto. Da donna che riveste un doppio ruolo nelle Istituzioni (Comune e Regione), il discorso è sempre ugualmente concreto. Quando le istanze che arrivano dai cittadini vengono prese in considerazione lì dove si decide, spesso è tardi. Ed è in questo spazio temporale fra la domanda e la risposta che invece lei c’è sempre. Con l’ascolto, la proposta, la ricerca di soluzioni. «È anche questo il nostro compito, nei luoghi dove si decide» spiega con la consueta cortesia Mena Calenda, consigliere comunale e vicepresidente del Consiglio regionale da fine novembre. Ascoltare il territorio, rappresentare le problematiche e risolverle. Questo dovrebbe essere, sempre. Le donne in politica hanno di certo una maggiore empatia con chi si rivolge a loro. E, a questo punto, la domanda sorge spontanea (come direbbe qualcuno): forse è arrivato il tempo di candidare una donna o, quantomeno, di consentire all’altra metà del cielo di governare i processi? «La mentalità italiana è quello che è, ci sono donne in Europa e nel mondo che fanno sempre la differenza. Qui da noi abbiamo davvero pochissima importanza politica, ci sono esempi lampanti nei partiti nazionali» incalza, riferendosi, è evidente, alla questione tutta interna al Pd nazionale. «Perché no una donna sindaco per Isernia? Penso che potrebbe fare davvero la differenza, potrebbe di certo raggiungere gli obiettivi che non sono stati centrati fino ad ora. Però – riflette – ascolto solo nomi, sento parlare solo di papabili allo scranno più alto ma fino ad ora nessuno ha affrontato il tema vero, quello dei programmi. Io vorrei continuare questa esperienza che mi ha dato tanto, voglio ricandidarmi al Comune di Isernia, voglio portare ancora il mio contributo, sempre concreto, ma con quale idea di futuro della città, quale programma di governo? Oggi tutto quello che si intenderà fare dovrà essere realizzabile, non potrà di certo trattarsi di un programma da disattendere. Sarà davvero difficile raccontare chiacchiere. Contiamo le vittime del Covid, le centinaia di decessi, la chiusura di decine di attività commerciali. E’ un colpo al cuore – commenta – vedere le saracinesche abbassate ma la stessa cosa ha travolto i commercianti ambulanti, un settore che sembra essere stato dimenticato in questo anno così difficile. La campagna elettorale che verrà sarà molto delicata, la gente oggi ha gli occhi aperti. Anzi spalancati». Nessun commento ‘al vetriolo’ sull’esperienza, in dirittura d’arrivo, della consiliatura d’Apollonio. Mena Calenda, concretezza alla mano, motiva la sua scelta di non affrontare il passato e di guardare al domani. Che di certo non sarà rose e fiori. «Andiamo verso una nuova amministrazione dopo cinque anni spesi sui banchi della minoranza, per quello che mi riguarda. È facile criticare quando non ti confronti con la macchina amministrativa, invece quando sei dall’altra parte è tutto molto più complicato» ammette. Il doppio ruolo, opposizione a Palazzo San Francesco e forza di governo in Consiglio regionale, rende la visione di Mena Calenda di certo più ampia, completa. «Alcune cose andavano fatte diversamente, certo, e forse molte decisioni dovevano essere assunte prima e non negli ultimi mesi della consiliatura. Il Comune oggi è una macchina farraginosa, occorre farla guidare prima di tutto dai principi di buona amministrazione, come fa un buon padre di famiglia. Il sindaco – commenta ancora – ha pagato anche la sua mentalità da ex generale. Avrebbe dovuto essere più vicino alla gente, alla comunità che ha amministrato in questi cinque anni, con azioni più concrete. Come quelle che ha messo in campo negli ultimi mesi. I cittadini questo chiedono: amministratori vicini, sensibili, che comprendono le difficoltà e che trovano la strada per risolverle. Non ci si rivolge ad un consigliere per chiedere un lavoro ma per cercare ascolto, conforto». La quotidianità di un consigliere (comunale e regionale) per Mena Calenda è anche e soprattutto questo: ascoltare e trovare il modo di risolvere le istanze. E ai tanti cittadini che la cercano, sembra persino ‘sorprendente’ che risponda al telefono. «Quando si lavora per il bene di tutti, non ci sono distinzioni politiche, la strada è una sola: trovare soluzioni, risposte. Osservo e ascolto tutti quelli che, in questi mesi, si propongono, io vorrei ricandidarmi seguendo quel percorso politico iniziato dal basso che mi ha portato nelle Istituzioni. Prendevo 20, 30 voti ma non mi sono mai arresa, nessuno mi ha regalato il ‘gratta e vinci’. Quando sono entrata in Provincia da assessore, dopo aver portato 550 voti con la lista del Partito dei Pensionati, è accaduto perché l’allora presidente non aveva donne nella Giunta, motivo per il quale le colleghe del centrosinistra avanzarono ricorso e fui scelta io. Non ho solo vinto, ho anche perso tante volte ma non di certo la passione, l’empatia che mi ha portato a non mollare e a perseverare. Io ci metto sempre la faccia, prendo anche gli schiaffi a volte, quelli che fanno capire gli errori. Non ho santi in Paradiso ma solo la concretezza che caratterizza le donne». Nessun distinguo di genere, però: nessun veto da Mena Calenda su quello che potrebbe essere il candidato o la candidata in grado di fare sintesi nello schieramento del quale è esponente. «Il programma, l’idea, la visione del futuro di una città che è in evidente sofferenza. Questo per me è il nodo da sciogliere, senza condizionamenti politici, ma nel rispetto della comunità che attende risposte, proposte, soluzioni».

ls

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