Di politico, nella vicenda dell’ex Lavatoio, non c’è nulla. Nessun intento punitivo, nessuna diversità ideologica. Una decisione – quella di non rinnovare la concessione per il comodato d’uso gratuito alle associazioni che hanno sede nel palazzo comunale – che non ha nulla a che vedere con la posizione politica dell’attuale amministrazione comunale. Altrimenti, se la logica fosse stata questa, l’operazione sfratto sarebbe avvenuta parecchio tempo fa e non di certo qualche mese prima del voto. E, parimenti, il progetto di ampio respiro che ne è alla base non si sarebbe trasformato in un vero e proprio lascito a chi verrà, al futuro sindaco e alla prossima amministrazione comunale.
È la sintesi – giornalistica – della lunga chiacchierata, chiarificatrice e cordiale, con l’assessore alla Cultura di Palazzo San Francesco. Lo spiega con franchezza Eugenio Kniahynicki. La ratio della delibera è rintracciabile nel percorso, che prima era un’idea e piano piano si è fatto progetto concreto portato avanti assieme a tantissimi altri Comuni italiani, al quale si lavora da anni. Progetto parecchio ambizioso e parimenti complicato: il riconoscimento della nobile arte del tombolo quale patrimonio immateriale Unesco, che è giunto alla ‘fase tre’. Quella operativa, che si concluderà di qui ad un anno. Quindi ad elezioni concluse, vada come vada.
Finito nel mirino poltico assieme al sindaco d’Apollonio per la famigerata delibera del 18 marzo scorso, l’assessore Kniahynicki racconta questo sogno, convidiso con amministrazioni comunali di tutte le regioni d’Italia e con le tre associazioni delle ‘merlettaie’ che operano sul territorio. Che, detto così, potrebbe suonare anche stonato e riduttivo come termine visto che racchiude un mondo, la storia di un territorio, un patrimonio che si racconta attraverso le infaticabili e sapienti mani di artigiane che si tramandano, da secoli, una ricchezza. Che occorre far conoscere, esportare, rilanciare, farne ricchezza in termini di visibilità e di rilancio. Le merlettaie sono le custodi della storia e del tempo. Un patrimonio, appunto.
«Tre anni di lavoro per candidare il merletto italiano a patrimonio immateriale Unesco – spiega l’assessore -; un percorso fatto di alcuni tentativi non andati a buon fine sui quali si è aperta la strada della cooperazione con altri Enti locali e associazioni, primo fra tutti il Comune di San Sepolcro. Ci sono venti amministrazioni locali in campo, più di 30 associazioni in tutta Italia e Isernia è, naturalmente, l’unico comune molisano del progetto. Un percorso lungo e lento. Non è cosa semplice, ci sono procedure e accordi da prendere ma alla fine si è trovata la quadra».
La storia della famigerata delibera, che ha innescato reazioni anche politiche, nasce quasi un mese prima della sua pubblicazione. Il 24 febbraio, giorno in cui, in modalità ‘da remoto’, si è tenuto l’ultimo incontro – cronologicamente parlando – con il funzionario del Ministero della Cultura che segue da vicino le candidature accomnpagnando gli enti coinvolti. Una sorta di tutor, in pratica.
«La dottoressa Sinibaldi – continua l’assessore -, che è esperta nella progettazioni e che con la sua competenza ci ha indicato la strada da percorrere affinché la candidatura possa avere quel ‘peso’ che poi farà la differenza, ci ha comunicato che eravamo entrati nella ‘fase tre’, quella operativa e finale per la presentazione della candidatura. Si chiamano ‘adempimenti scientifici’ e vanno posti in essere da tutti i partecipanti al progetto».
‘Fase tre’, ergo dare una sede istituzionale all’arte che si candida a diventare patrimonio immateriale Unesco. «Abbiamo ritenuto indispensabile coinvolgere tutte le associazioni, una di queste faceva già parte del progetto, perché rappresentano tre anime differenti dello stesso corpo, incarnano modi diverso di vedere l’arte, la lavorazione e la valorizzazione del tombolo – spiega ancora -, c’è una pluralità da conservare ma prima dell’incontro abbiamo dovuto redarre l’atto preventivo».
Che è la delibera di giunta comunale finita nel tritacarne politico e mediatico. Le merlettaie, riunite nell’Associazione Tombolo Isernia (presieduta da Lidia Tedeschi) ne Il Tombolo nel cuore di Isernia (con al vertice Paola Buccigrossi) e ne Il Merletto d’Isernia- Arte nelle mani (il cui riferimento è Carmelina Iavarone), hanno gradito il luogo individuato. Quel palazzo di Largo Fratelli Maddalena che racconta, a sua volta, una pagina della storia della città.
«La struttura tecnica ha avviato una ricognizione del patrimonio comunale – dettaglia l’assessore alla Cultura – per verificare quale fosse la sede più ideona e fruibile nel breve tempo. E l’ex Lavatoio lo è: è di proprietà comunale, ha tanti spazi idonei senza contare che era in programma di effettuare lavori di riattazione con i fondi dedicati all’efficientamento energetico. Quindi presto sarebbero iniziati i lavori per una nuova illuminazione, la sostituzione del generatore elettrico; sarà chiuso con una passerella in vetro il percorso acqua che quindi verrà ripristinato». Insomma, lavori che avrebbero comunque interessato la struttura e che di fatto avrebbero impedito alle associazioni di poterne usufruire. Ora, sebbene la delibera di Giunta comunale non porti alcuna indicazione temporale, non appena si potrà partire con i lavori, le associazioni saranno avvisate. Lasceranno i locali per consentire le opere di efficientamento ma non vi rientreranno.
Ma perché non parlarne prima, non illustrare loro la motivazione di tale decisione che ha scatenato un inferno? Il confronto preliminare su un progetto così rilevante forse avrebbbe potuto evitare le polemiche.
«Fino ad ora non era emersa la necessità di usufruire di quegli spazi, la prova che non c’è alcuna motivazione politica o ideologica sta tutta nel fatto che non abbiamo revocato la concessione prima di adesso, che ne abbiamo una reale esigenza. Avremmo potuto farlo prima, o no? Ci siamo assunti questa responsabilità dopo sei anni quasi di consiliatura, consapevoli che sarebbero potuti esserci dei malumori. Guardi – incalza Kniahynicki -, io avrei voluto interagire con le associazioni ma in cinque anni ho trovato sempre difficoltà, una sorta di ostracismo nei confronti dell’amministrazione d’Apollonio. C’è una deliberazione della giunta dell’allora sindaco Melogli che indica quei locali come sala espositiva. In passato abbiamo ricevuto molte richieste e quando abbiamo esposto i motivi per i quali chiedevamo alle associazioni di liberare i locali per consentire l’allestimento di mostre, i referenti si sono rifiutati di interloquire, ci risposero con una lettera. Ora si cerca un dialogo ma, quindi, hanno fatto male a chiuderlo allora? Se avessimo voluto fare uno sgarbo, lo avremmo fatto appena insediati. Ora quello spazio ha una visione d’uso diversa, tutto qui».
Possibile che non ci sia altra soluzione che riesca a fare sintesi delle esigenze di tutti? Palazzo Jadopi, ad esempio, viene rilanciata come idea percorribile.
«Non è di proprietà del Comune – replica l’assessore – e dovrebbe essere interessato da importanti lavori. Abbiamo interagito per cinque anni con la Regione: quando c’era il presidente Frattura, ci disse di indicare la finalità del suo utilizzo per sbloccare i fondi. E poi non se ne è fatto nulla. Adesso con il presidente Toma l’iter identico stava per arrivare a conclusione: è stato nominato il Rup per la ristrutturazione ma si è fermato tutto a causa della pandemia. Certo, potrà diventare la casa delle associazioni anche se – confessa – io ho un’altra visione».
Il passaggio dall’oggi al futuro prossimo, l’assessore Kniahynicki lo consegna come un assist perfetto per il gol.
Sarà della partita delle Amministrative, vero? E poi, dopo l’exploit di Fratelli d’Italia a Palazzo San Francesco, il suo ruolo potrebbe anche essere disegnato diversamente?
«Il sindaco non lo decido io – risponde sorridendo– e il mio ruolo politico il partito lo ha ben chiaro. Mi sono sempre messo a disposizione e lo farò ancora per il centrodestra e con Fratelli d’Italia».
Si voterà a metà ottobre, di tempo per affrontare l’eventuale battaglia per una candidatura di altro tipo ce ne è. Le associazioni ‘sfrattate’, invece che tempi hanno per lasciare l’ex Lavatoio?
«L’indicazione politica data alla struttura tecnica è di non avere fretta, i tempi non sono stringenti: quando saremo pronti per cominciare i lavori, allora dovranno lasciare e non rientreranno».
Ma un’altra sede esiste, è possibile individuarla? «Non sono le uniche associazioni culturali, non solo loro devono avere la priorità. Chiariamoci: per me sono tutte uguali e hanno pari dignità ma così come le altre dovranno accontentarsi. E poi, mi lasci polemizzare un attimo solo. Per numero di attività portate a compimento in sette anni, non hanno bisogno di spazi molto ampi».
La stoccata è servita. In zona Cesarini.
lucia sammartino