Un nuovo sos, lanciato all’indirizzo della dirigenza Asrem ieri mattina dal primario del Pronto soccorso del Veneziale. Lucio Pastore ha avanzato richiesta formale e ufficiale di blocco dei ricoveri. Situazione esplosiva nelle corsie del nosocomio di Isernia e, stavolta, il Covid non c’entra. Nel reparto, al momento, stazionano sedici pazienti che non si riescono a sistemare. «Hanno tutti patologie che richiedono il ricovero – conferma il primario Lucio Pastore -, parliamo di scompensi cardiaci ma anche di fratture e persino ictus». Pazienti, in quest’ultimo caso, che non riesce a dirottare nelle strutture più adeguate e che quindi vengono curati nel nosocomio di Isernia. «La situazione nei reparti non è più gestibile» commenta laconico. Il Covid c’entra ma non è il ‘protagonista’ principale di questa storia. Come è noto, prima di ogni ricovero occorre che i pazienti siano sottoposti al doppio tampone molecolare per escludere tassativamente ogni possibile positività al maledetto virus. Il che, di fatto, si ripercuote sulla capacità di poter assistere i pazienti che devono attendere almeno 48 ore in Pronto soccorso prima di poter essere ricoverati nel reparto. Una situazione che congestiona un’area di intervento che è la prima con la quale si interfaccia il paziente, per qualsiasi patologia. Una situazione resa ancor più complicata dalla cronica carenza di personale, oggetto di appelli rimasti fino ad oggi inascoltati. La lettera con la quale medici e personale sanitario hanno urlato le difficoltà quotidiane che incontrano i professionisti della salute, ridotti all’osso, è datata nel tempo ma non sembra aver sortito alcun effetto significativo. «Al momento siamo quattro strutturati, abbiamo un collega in malattia da tempo – sottolinea il primario del Pronto soccorso del Veneziale – e dobbiamo coprire anche l’ospedale di Agnone». La presenza dei medici venezuelani che, da settimane, sono al fianco dei colleghi nella struttura ospedaliera del capoluogo di provincia ha consentito di certo che la situazione potesse restare tutto sommato sotto controllo, seppure nell’emergenza. Ma gli uni, senza gli altri, non possono ‘lavorare’. «Nella sostanza non abbiamo bisogno di altro se non di capitale umano – rimarca laconico Pastore che, questa storia, la racconta da troppo tempo -. Siamo alla fase finale della dissoluzione del sistema pubblico» si lascia andare, al termine di un’altra giornata da ‘allarme rosso’. L’ospedale di Isernia ha retto in maniera egregia allo tsunami contagi, come da queste pagine si è spesse volte evidenziato. Merito di quella intuizione, nata dal confronto fra tutti i sanitari del nosocomio, nel marzo di un anno fa. Quando non esistevano ancora protocolli scritti, quando medici e personale sanitario si trovarono a combattere un nemico di cui conoscevano ben poco. Quando i contagi cominciarono a puntellare il territorio, nacque l’idea – poi esportata – di creare una zona filtro, l’area grigia, dove i pazienti attendono l’esito del tampone molecolare. Ed è stata questa intuizione ad evitare, da un anno in qua, che al Veneziale si sviluppassero pericolosi cluster di contagio. Poi è arrivata la seconda ondata, quella partita proprio dalla provincia di Isernia. E il Veneziale, unico ospedale dell’intera provincia, ha continuato a reggere. Ma la pressione sui medici, che si contano sulle dita delle mani, comincia a togliere il fiato. E così, lo stesso Pastore potrebbe decidere di lasciare e scegliere il pensionamento, come le indiscrezioni filtrata fin dal mese di marzo avevano fiutato. «Difficile non andare via, siamo messi nella condizione che l’unica cosa da fare è scappare» commenta. Le riaperture previste a partire da lunedì, sempre che il Molise passi in zona gialla, lo preoccupano e non poco. Questa mattina, il presidente della Regione Donato Toma sarà all’ospedale del capoluogo di provincia per la consegna del modulo prefabbricato esterno destinato a posti aggiuntivi di terapia intensiva. Un ulteriore supporto per fronteggiare una nuova emergenza «A quanto dicono gli epidemiologi, dobbiamo aspettarci una nuova ondata pandemica a quattro settimane dalla prossima riapertura – spiega Pastore -. Ma il nostro sistema sanitario è completamente in ginocchio, privo di personale, e con una disorganizzazione unica – continua con pacatezza ma fermezza -. Dopo più di un anno di pressione, l’ulteriore carico, senza personale, sarà difficile da reggere in maniera decente. Il messaggio che passerà è che dobbiamo abituarci ai decessi ed ad avere ospedali pieni di Covid e non funzionanti per le altre patologie perché così l’economia non regge. Dobbiamo ritornare al passato e nessuno ha ipotizzato di dover cambiare proprio i vecchi cicli economici che, probabilmente, sono la causa prima di questa pandemia e delle future pandemie. Per fortuna questo virus non ha un’alta letalità ma, sul gran numero di contagiati, i decessi saranno minimi in percentuale ma notevoli nei numeri assoluti. Spero fortemente di essere smentito dai fatti futuri. Spero che avvenga qualcosa che spenga l’infezione, sia la campagna vaccinale od altro. Del resto, la speranza è l’ultima a morire». Quella stessa speranza che lo guida, assieme ai colleghi e al personale sanitario che ogni giorno, quando indossano tute, guanti, mascherine, visiere protettive, cominciano una battaglia quotidiana: contro il virus ma non solo. Perché il diritto alla salute resti tale. Costi quel che costi.

ls

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