«In carcere telecamere usate per controllare i poliziotti? E’ proprio un mondo alla rovescia!» Non lesina critiche il Sappe all’indirizzo della direzione del carcere di Larino. E non è la prima volta. C’è grande fermento e malumore tra il personale di Polizia Penitenziaria che lavora nel carcere molisano di Larino, in provincia di Campobasso. Gli Agenti, come spiega il segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Donato Capece, protestano per un uso discutibile dei sistemi di video-sorveglianza presenti in istituto. «Causa la definitiva chiusura della Sala Regia presente presso il penitenziario, ci è stato riferito che parte della strumentazione di video-sorveglianza è stata installata presso l’Ufficio Comando che ne farebbe un utilizzo improprio. Da quel che si è stato riferito, infatti, sembra che i poliziotti vengano continuamente contattati telefonicamente dal personale operante all’interno dell’Ufficio Comando, il quale, dopo aver visionato le immagini “catturate” dalle telecamere, contesterebbe loro la mancata osservanza dei plurimi ordini di servizio vigenti, ovvero chiederebbe spiegazioni in ordine a qualsivoglia scelta operativa effettuata. La cosa veramente allarmante è che, non solo il personale verrebbe controllato mediante sistemi di video-sorveglianza, ma subirebbe anche delle contestazioni disciplinari, scaturite sempre dalla successiva visione delle immagini estrapolate dagli impianti audio-visivi. Una cosa assurda, palesemente illegittima ed illegale», tuona Capece, che ha già investito della questione i vertici regionale e nazionali dell’Amministrazione penitenziaria. «Trovo questa una cosa gravissima, tanto che mi appello al ministro della Giustizia ed al Garante della Privacy perché adottino provvedimenti. Ormai, il personale di Polizia Penitenziaria in servizio nella struttura detentiva di Contrada Monte Arcano, per altro in larga parte di rilevante anzianità anagrafica e di servizio, è completamente intimorito, tanto è vero che spesso si interrogherebbe sulla opportunità o meno di recarsi in servizio. Tale stato di cose, oltre a ingenerare comprensibile malumore tra i colleghi, sta portando gli stessi a diffidare di tutto e di tutti, rendendo ancora più pesante un clima lavorativo che già di per sé non è affatto semplice. Noi, in tutto ciò, oltre a condividere le legittime preoccupazioni del personale “controllato”, ci chiediamo il motivo per il quale presso il penitenziario di che trattasi verrebbe utilizzato lo strumento del controllo da remoto», prosegue il leader del Sappe il quale, nella sua nota inviata ai vertici del Dap, rammenta che «sul tema sono state diramate plurime circolari dipartimentali che, sulla scorta di quanto previsto dallo Stato dei Lavoratori e dei consequenziali pareri della Cassazione, avevano già evidenziato la mancata possibilità di utilizzare gli impianti audio-visivi per il controllo dell’operato dei poliziotti». Da qui la richiesta del Sappe di «verificare la veridicità delle segnalazioni a noi pervenute e, in caso di positivo riscontro, si chiede di fare in modo che anche presso il penitenziario di Larino sia inibito l’uso degli impianti audio-visivi per controllare l’operato dei poliziotti. E tanto, lo si chiede anche perché molti procedimenti disciplinari avviati nei confronti del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria si fondano su comportamenti rilevati “da remoto”, circostanze che a nostro avviso li rende finanche annullabili. E’ proprio un mondo alla rovescia», conclude, amareggiato, Capece.