Un dramma familiare che si trasforma in femminicidio: l’uomo la spinse giù da un cavalcavia per “non vederla soffrire”. I Carabinieri della stazione di Montenero di Bisaccia, sotto il coordinamento della Compagnia di Termoli, hanno arrestato un uomo di 78 anni, domiciliato in provincia di Campobasso, condannato a 14 anni di reclusione per l’omicidio della moglie. L’ordine di esecuzione per la carcerazione era stato emesso l’11 marzo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanciano, dopo che la sentenza era divenuta definitiva il 1° marzo. Il dramma si era consumato alla fine del 2021 in provincia di Chieti. Secondo le ricostruzioni, l’anziano avrebbe scaraventato la coniuge giù da un cavalcavia, causandone la morte, per poi costituirsi spontaneamente presso la Stazione dei Carabinieri di Casalbordino. Un gesto estremo che, dalle successive indagini, sembrerebbe motivato dalla lunga malattia della donna: l’uomo avrebbe dichiarato di non sopportare più di vederla soffrire. Nonostante le presunte motivazioni “pietose” dell’omicida, il caso rientra a pieno titolo nella tragica casistica dei femminicidi. Anche quando non è mosso da rabbia, vendetta o possesso, il delitto contro una donna – anche se giustificato come un atto di “liberazione dalla sofferenza” – rappresenta sempre una negazione della sua autodeterminazione. Il diritto alla vita e alla dignità di una persona malata non può essere deciso da un familiare, per quanto possa provare empatia o disperazione Nel 2024 gli omicidi con vittime donne sono stati 113, novantanove delle quali in ambito familiare/affettivo; di queste, 61 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner. Dati, questi, tra i più bassi dell’ultimo decennio, che testimoniano il forte impegno della società per la sensibilizzazione sul fenomeno e, in particolare, delle Forze di polizia per l’attenta e costante attività di prevenzione. L’attenzione che le donne e gli uomini in uniforme rivolgono a combattere questo odioso fenomeno è testimoniata dal costante incremento delle misure adottate per prevenire possibili reati e garantire sicurezza alle vittime di violenza: nel 2024 sono quasi raddoppiati gli Ammonimenti del Questore (+94%) e più che triplicati gli allontanamenti del maltrattante dalla casa familiare (+224%). E mentre molti casi rientrano in un contesto di violenza domestica reiterata, alcuni – come quello del settantottenne di Chieti – si collocano in un’area più complessa, dove si intrecciano disperazione, solitudine e una cultura che, in alcuni casi, vede ancora la donna come “proprietà” del marito o come una persona a cui risparmiare un destino che solo lei dovrebbe poter scegliere. Dopo il femminicidio, l’uomo era stato sottoposto al divieto di dimora in provincia di Chieti e domiciliava in un comune della provincia di Campobasso. I Carabinieri lo hanno rintracciato e arrestato, conducendolo alla casa circondariale di Larino, dove sconterà il resto della pena: 12 anni, 11 mesi e 5 giorni di reclusione, al netto del periodo già trascorso in regime cautelare. Il caso solleva ancora una volta interrogativi profondi sulla gestione del dolore e della sofferenza nelle relazioni affettive, sul ruolo della sanità nel supporto alle famiglie con malati gravi e, soprattutto, sulla necessità di educare alla cultura del rispetto della vita e dell’autodeterminazione.