Per la quarta volta in appena sei mesi è stato stroncato sul nascere il tentativo artato di consegnare droga a qualche detenuto nel carcere di Larino. Stavolta si trattava di 30 grammi di hashish e a denunciarlo pubblicamente è stato il Sappe, sindacato di Polizia penitenziaria. Erano tra i familiari dei detenuti della Casa Circondariale di Larino che attendevano di effettuare il colloquio con i congiunti ristretti, ma era anche in possesso di droga che non è sfuggita agli attenti controlli dei poliziotti penitenziaria. E’ avvenuto ieri mattina. Commenta Donato Capece, segretario generale del Sappe: “Nella mattinata di venerdì, presso la Casa circondariale di Larino, c’è stato l’ennesimo tentativo di introdurre sostanze stupefacenti, ma grazie alla professionalità della forze dell’Ordine che hanno operato in modo congiunto, coadiuvate dalla Procura della Repubblica di Larino, Guardia di Finanza unità cinofila, Carabinieri e alla locale Polizia Penitenziaria, sono stati scoperti su una persona che doveva effettuare un colloqui in carcere circa 30 grammi di hashish. Nonostante le esigue risorse di personale, ancora una volta si è riusciti a bloccare questi ripetuti tentativi di introdurre sostanze stupefacenti in carcere. Quindi va dato atto e lustro alle forze di polizia che quotidianamente, solo grazie alla loro esperienza e professionalità, riescono a reprimere e a prevenirne reati d’ogni genere, che si verificano all’intero degli istituti penitenziari.
Questo ennesimo rinvenimento di stupefacente destinato a detenuti, scoperto e sequestrato in tempo dall’alto livello di professionalità e attenzione dei Baschi Azzurri di Regina Coeli a cui vanno le nostre attestazioni di stima e apprezzamento, evidenzia una volta di più come sia reale e costante il serio pericolo che vi sia chi tenti di introdurre illecitamente sostanze stupefacenti in carcere. Nonostante nella maggior parte degli istituti penitenziari si stiano adottando misure di sicurezza basate sulla dinamicità e sulla videosorveglianza, che a nulla servono se non si prevede l’obbligo del lavoro per i detenuti, non ci sono telecamere e altri sistemi di sicurezza che possano intervenire e sostituire la professionalità della Polizia Penitenziaria».
Capece evidenzia come «quel che è accaduto a Larino ci conferma che la tensione che caratterizza le carceri, al di là di ogni buona intenzione, è costante. Le carceri sono più sicure assumendo gli Agenti di Polizia Penitenziaria che mancano, finanziando gli interventi per potenziare i livelli di sicurezza delle carceri. Altro che la vigilanza dinamica, che vorrebbe meno ore i detenuti in cella senza però fare alcunché. La situazione nelle carceri resta allarmante e non ci si ostini, dunque, a vedere le carceri con l’occhio deformato dalle preconcette impostazioni ideologiche, che vogliono rappresentare una situazione di normalità che non c’è affatto».
«La situazione delle carceri si è notevolmente aggravata rispetto agli anni precedenti», conclude. «I numeri riferiti agli eventi critici avvenuti tra le sbarre nel primo semestre del 2018 sono inquietanti: 5.157 atti di autolesionismo, 585 tentati suicidi, 3.545 colluttazioni, 571 ferimenti, 5 tentati omicidi. I decessi per cause naturali sono stati 46 ed i suicidi 24. Le evasioni sono state 2 da istituto, 27 da permessi premio, 7 da lavoro all’esterno, 7 da semilibertà, 17 da licenze concesse a internati. E la cosa grave è che questi numeri si sono concretizzati proprio quando sempre più carceri hanno introdotto la vigilanza dinamica ed il regime penitenziario ‘aperto’, ossia con i detenuti più ore al giorno liberi di girare per le Sezioni detentive con controlli sporadici ed occasionali della Polizia Penitenziaria». Per il Sappe «lasciare le celle aperte più di 8 ore al giorno senza far fare nulla ai detenuti – lavorare, studiare, essere impegnati in una qualsiasi attività – è controproducente perché lascia i detenuti nell’apatia: non riconoscerlo vuol dire essere demagoghi ed ipocriti».

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