Ennesimo episodio di violenza nel carcere di Larino venerdì scorso 19 aprile.
Un detenuto marocchino ha, prima, aggredito degli agenti e, in seguito, ha dato fuoco alla cella.
Il detenuto H.B., tossicodipendente, per ben due giorni è andato in escandescenza, minacciando verbalmente e fisicamente gli agenti della polizia penitenziaria.
La polizia è, comunque, riuscita a calmarlo, spostandolo in un’altra cella della casa circondariale. Il giorno successivo ha continuato con le minacce ed ha anche appiccato il fuoco nella sua stanza, generando panico anche negli altri detenuti.
L’intervento degli agenti è stato celere. Il marocchino, insieme agli altri detenuti e qualche agente intossicato è stato portato in salvo, anche se ha continuato a minacciare e aggredire i poliziotti.
La casa circondariale di Larino ha una capienza massima di 170 persone, ma ne contiene 222. Tra questi ci sono detenuti extracomunitari che, spesso, entrano in conflitto tra loro, generando caos. Gli agenti sono pochi e, spesso si trovano a dover sedare gli animi di queste persone e delle situazioni che possono degenerare.
«La Polizia Penitenziaria opera ad alto rischio svantaggio ogni giorno. Quanto rappresentato è uno dei tantissimi e quotidiano episodio con cui il personale di Polizia Penitenziaria, nella fattispecie quello frentano, si trova ad affrontare in un contesto di sovraffollamento», le dichiarazioni della segreteria dell’Uspp-Ugl: «Il Personale di Polizia Penitenziaria è lasciato solo a difendere l’ordine e disciplina una condizione di evidente e palese inferiorità numerica a causa della fortissima carenza di personale per le scellerate scelte politiche, come per esempio il turn-over e revisioni delle piante organiche a ribasso. Tutto ciò, inoltre, senza strumenti idonei. La Polizia Penitenziaria vive una situazione ad alto rischio di aggressioni trovandosi ad operare in uno svantaggiato rapporto di uno a 60 e più – un agente in ogni sezione – a mani nude e senza alcuna possibilità di intervento a propria difesa. Una amministrazione sorda e latitante a tutti i livelli nonostante gli interventi in tutti modi possibili e a tutti i livelli. Occorre riconsiderare le piante organiche del personale per ogni istituto e creare dei funzionali circuiti penitenziari per tipologie di reati ad esempio, per i quali in base all’osservazione della personalità del condannatosi possa porre in essere mirati ed efficaci azioni trattamentali finalizzati ad una proficua rieducazione e successivo reinserimento nel mondo sociale esterno esattamente come recita la costituzione. Questa sigla sindacale nonché la scrivente rappresentatività, non finirà mai di intervenire in tutte le sedi e nei modi consentiti a difesa dei diritti del personale di Polizia Penitenziaria e per il benessere lavorativo che dovrà essere il più possibile in sicurezza a tutela di tutti».

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