Nell’ambito della settimana per la vita, che si conclude oggi, con la giornata mondiale del malato, mercoledì sera importante incontro tra le associazioni del territorio che assieme alle parrocchie hanno contribuito a garantire l’assistenza ai malati Covid negli ultimi due anni di pandemia. Un raccordo fondamentale, che serve anche a mettere le toppe dove il servizio sanitario pubblico e la rete socio-assistenziale dei Comuni non arriva. Ma il confronto, su impulso del dottor Giovanni Fabrizio, che è da un paio di anni anche il responsabile della pastorale diocesana per la sanità, oltre agli impegni con la Lilt, di cui è presidente onorario, si è indirizzato anche a quali saranno gli sforzi per affrontare ciò che verrà fuori quando la pandemia mollerà la presa. Un coagulo di esperienze esposte al centro pastorale “Ecclesia Mater” (ex seminario piazza Sant’Antonio): “L’esserci del volontariato al tempo del Covid: attività dei volontari in rete” Cappellania, Avo, Unitalsi, Aite, Lilt Cb, Movimento per la Vita, Infermiere di Parrocchia, Rsa Opera Serena, Caritas, Hospice “Madre Teresa di Calcutta” Larino. «Ciascuno di noi – spiega Giovanni Fabrizio, responsabile della Commissione diocesana per la Pastorale della Salute – può assicurare la propria parte nella promozione della cultura della vita facendo onore a ogni donna e a ogni uomo. Sono tante le realtà impegnate con abnegazione e responsabilità in tal senso. Tutti insieme vogliamo rafforzare e potenziare sempre più questa rete così importante e presente in un territorio piccolo che, tuttavia, continua a chiedere aiuto in un tempo di incertezza e paura ma anche di speranza. Molto si è fatto e molto c’è ancora da fare. Tutti abbiamo il dovere di organizzarci per dare una mano a chi vive un momento cruciale della vita come una malattia, una sofferenza personale, la solitudine, l’attesa per un figlio, l’accompagnamento di una famiglia in difficoltà oppure si trova nell’ultima fase dell’esistenza. Penso alla parola compassione non come sinonimo di commiserazione, ma partecipare con passione a tutto quello che rappresenta chi ci sta intorno. Ed è in questo che vogliamo impegnarci per un vero servizio agli altri ringraziando tutte le realtà che, in vario modo, hanno condiviso le iniziative in programma per dare impulso a una rete sempre più solida e presente in ogni casa, in ogni luogo. Coltivare così quell’esserci sempre».
Una responsabilità grande che il dottor Fabrizio ha accettato di buon grado. «E’ una responsabilità che mi ha dato Sua Eccellenza il Vescovo, per cercare di coordinare le azioni di tutte le associazioni e di alcune strutture della Diocesi, già attive sia nel campo del volontariato sia nel campo di aiuto agli altri. Cercare di mettere in rete tutte le associazioni e cercare di intercettare, da una parte attraverso le parrocchie che saranno un elemento indispensabile ed essenziale di questa rete, i bisogni della popolazione dal punto di vista della salute, sia essa fisica, psichica, relazionale e dall’altra rispondere a queste esigenze con azioni anche banali, a volte. Per sopperire al buio che, talvolta, c’è attorno alle famiglie. Famiglie che sono caricate di bisogni, di oneri a volte banali ma che sono essenziali, come l’assistenza nel momento in cui un familiare si allontana per un disabile. Sono nell’andare a fare la spesa quando la persona non riesce nemmeno a liberarsi, con gli impegni che una persona invalida può dargli. Quindi, in questo, le varie associazioni devono coordinarsi per far sì che ci sia una risposta completa e coordinata, per quello che saranno le nostre singole e misere possibilità.
Sono convinto che se si lavora in rete, si potranno soddisfare molti bisogni della popolazione.
Questa è una nuova sfida per cercare di entrare nelle case delle famiglie. Questa è la pastorale della salute. Un po’ perché le parrocchie già ci entrano, con i diaconi, con chi porta la Comunione, con l’arrivo in parrocchia di richieste banali e semplici. C’è grande spazio per le associazioni. E’ un campo dove le associazioni possono dare il meglio. E’ la zona d’ombra dove le istituzioni possono essere carenti.
Faccio degli esempi che sono successi nella mia attività di chirurgo. A volte, non riuscivo a mandare a casa un paziente guarito perché non c’era nessuno che andava ad aprirgli la porta di casa. E’ di tre ore fa, la richiesta di una persona che accudiva una persona invalida che sta al Rsa. Richiesta che prevedeva lo spostamento dal Rsa a fare una visita oculistica, delle medicazioni in un ospedale vicino. Tutto questo perché non sanno come fare per trasportare questa persona.
Queste sono le azioni banali, semplici che, però, sono essenziali e di cui le famiglie hanno bisogno. E noi vogliamo andare loro incontro.
Sono due anni che come Pastorale della salute ci stiamo preparando. Tutte le persone che sono qui riunite hanno fatto una preparazione importante in epoca Covid. Ma questa rete va oltre il Covid. E noi saremo qui a prenderci cura di loro».

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