La sua vicenda è stata amplificata a livello nazionale. Lo scorso 15 settembre grande clamore fece la lettera pubblicata dal 40enne Davide Macciocco sul suo profilo Facebook, nel giorno in cui scelse di abbandonare la vita terrena, dopo metà dell’esistenza vissuta da tetraplegico, a causa di un incidente subito all’età di 20 anni, ha avuto clamore nazionale. Scelse di smettere di soffrire, a Zurigo, in una clinica Svizzera. Domani, lunedì 2 ottobre, alla chiesa del Crocifisso, ci sarà l’ultimo saluto. Una Santa Messa in suffragio, alle 16. Questo uno stralcio delle parole di Davide «Il mio ultimo viaggio. Per ironia della sorte il mio ultimo viaggio mi porta a morire lì dove sono nato, Zurigo 16 luglio 1983,15 settembre 2023. Erano circa le 6 del mattino di domenica 5 luglio 2003 il giorno che cambiò radicalmente la mia vita. Dopo una serata in discoteca con la mia ragazza e gli amici decidemmo di andare a fare un bagno al molo vecchio, in due o tre ci siamo fatti il bagno. Gli altri parlavano, ridevano e scherzavano come sempre. Mi ero quasi asciugato quando avevo deciso di farmi un ultimo bagno tuffandomi dal trabucco. Scavalcai la recinzione, salii sul tetto mi tuffai di testa da un’altezza di circa sei metri. L’acqua quella mattina era alta più o meno un metro e mezzo. L’ultimo ricordo che ho di quel giorno è che dissi a Marianna che non mi sentivo più le braccia e le gambe. Mi sono rivolto a Dignitas. nei primi mesi di maggio del 2022 per la richiesta di accompagnamento alla morte volontaria nel momento in cui reputavo più opportuno. Amo la vita ed ecco perché oggi la voglio abbandonare. Quella che attualmente ho vissuto poteva andare anche bene, ma in un futuro prossimo so che sarà intollerabile per me! C’è da calcolare cari amici che negli ultimi due anni sono stato allettato per una piaga da decubito. Era guarita ad aprile del 2022, sono sceso al mare come ogni anno, per ben 19 anni. A metà agosto sono dovuto risalire a casa perché era ricomparsa la piaga. Penso che la vita sia vita quando si può vivere liberamente sia fisicamente che mentalmente. Dipendere totalmente dagli altri anche per un semplice gesto come fumarsi una sigaretta è difficile, non c’è libertà, nessuna autonomia nonostante che la mia famiglia abbia sempre assecondato ogni mio desiderio e capriccio. Stare giorni interi con continui dolori e continuare a dire “sì va tutto bene” è una maschera che non riesco più ad indossare. Il dolore, non è quello che dici, è quello che taci purtroppo. Incominciai anche a capire che i dolori, le delusioni e la malinconia non sono fatti per renderci scontenti e toglierci valore e dignità, ma per maturarci. La vita è un diritto non un obbligo. Ciò che conta è vivere con dignità, con decoro e senza paura».